Operaio della fabbrica Superpila, nel 1975 si unisce al gruppo del boss Nicolino Selis con cui inizia la sua carriera di malavitoso e rapinatore di uffici postali, tabaccherie e treni. Venne soprannominato il Sorcio, grazie alla sua capacità di rosicchiare dovunque ci fosse da prendere o da guadagnare qualcosa.[1]
«Nel 1975, giovane di circa ventun'anni, Lucioli Fulvio conosce Gianni Girlando, già all'epoca dotato di particolari doti delinquenziali e in contatto con Nicolino Selis, Urbani Gianfranco e altri elementi di rispetto della malavita. Preso dall'ammirazione per la personalità del Girlando, con il quale ha conservato un rapporto di amicizia anche dopo averlo accusato di gravi delitti, il Lucioli sale con lo stesso le scale del crimine fino ad arrivare a posizioni di vertice. Si forma quasi immediatamente una organizzazione che si dedica per otto mesi, da gennaio all'agosto 76, al compimento di rapine a mano armata e reati connessi. Il Lucioli racconta che la stessa era composta da lui, Selis, Girlando, Urbani, Capogna Renato, Apolloni Franco, Simeoni Raffaele. Tale era l'associazione di base a cui di volta in volta si sono aggiunti altri complici»
(Requisitoria del Pubblico Ministero Luigi De Ficchy[2])
Arrestato dopo la rapina al treno Chiusi-Siena (10 agosto 1976), fu condannato a 2 anni e 8 mesi di carcere.[3]
Durante la carcerazione accettò la proposta di Edoardo Toscano di entrare a far parte della neonata Banda della Magliana ricevendo, ancora tra le sbarre, una stecca di trecentomila lire alla settimana. Nel 1978, dopo la sua scarcerazione, per conto della banda, si diede al commercio di sostanze stupefacenti nella zona di Ostia, Acilia e Dragona, abbandonando definitivamente le rapine per un settore che si stava rivelando, già da allora, uno dei più redditizi dell'economia criminale.
Agli inizi degli anni ottanta, il progressivo aumento di contrasti, gelosie e rivendicazioni, innalzò paurosamente il livello di tensione e di ostilità tra le varie anime della banda segnando l'inizio della sua disgregazione. Una guerra fredda, una vera e propria faida interna con diversi morti ammazzati, che vide protagonisti, tra gli altri, anche il vecchio gruppo di appartenenza di Lucioli, quello cioè, capeggiato da Selis, il quale troverà la morte il 3 febbraio 1981.
Preoccupato soprattutto della sua incolumità, il Sorcio, che nel frattempo era stato arrestato, il 6 maggio 1983 e tradotto nel carcere romano di Regina Coeli dove, dopo alcuni mesi di travaglio interiore, il 14 ottobre di quello stesso anno scrisse una lunga lettera al direttore dell'istituto di pena dicendosi disposto ad iniziare un programma di collaborazione con la giustizia. E così, il giorno successivo, davanti al sostituto procuratore Nitto Palma e ad un funzionario della Squadra Narcotici, Lucioli iniziò il suo racconto riempiendo i verbali e confessando omicidi, rapine, traffici di stupefacenti e di armi, oltre che i legami della banda con politici, cardinali, massoni, mafiosi, camorristi, ndranghetisti, servizi segreti deviati ed eversione nera. Il suo primo atto, però, fu quello di revocare i suoi difensori di fiducia e richiedere un legale d'ufficio: un chiaro segnale mandato verso l'esterno riguardo alle sue intenzioni di pentimento. Grazie alle sue testimonianze, il 15 dicembre 1983, le forze dell'ordine arrestarono 64 persone tra boss, seconde linee e fiancheggiatori, decapitando di fatto gran parte dell'organizzazione. Il 23 giugno 1986 con la sentenza del processo di primo grado, 37 dei 64 imputati alla sbarra furono condannati, ma solamente per traffico di sostanze stupefacenti. Confermate nel processo d'appello (il 20 giugno 1987), le condanne furono poi annullate e le assoluzioni per insufficienza di prove trasformate in formula piena dalla Cassazione, il 14 giugno 1988.
Infine la nuova Corte d'assise d'appello, il 14 marzo 1989, derubricò di fatto l'addebito di associazione per delinquere, screditando la figura del Sorcio definendolo un mitomane e: «una abnormità psichica aggravata da nefaste influenze ambientali a cui sottende un deficit intellettivo meglio definibile come debolezza mentale indice di coscienza non lucida, di stato delirante, di confusione dissociata».[4]
Le sue confessioni vennero però poi riprese in considerazione nel successivo pentimento del boss Maurizio Abbatino. Grazie alle sue rivelazioni, infatti, 3 ottobre 1995 venne istruito un nuovo maxiprocesso all'intera organizzazione della Banda della Magliana.[5]
^ Pino Nicotri, Cronaca Criminale, Baldini Castoldi dalai, 2010, pp. 334–, ISBN88-6073-739-7. URL consultato il 5 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il 18 aprile 2015).