François-Auguste Ravier aveva iniziato a studiare Legge, perché la famiglia voleva che diventasse notaio; ma abbandonò presto l'università di Parigi e gli studi del diritto, per consacrarsi interamente alla pittura. Dipingeva vedute delle campagne, prima nei dintorni di Lione, poi di Parigi. Può essere considerato un autodidatta, ma apprese tecniche pittoriche da Théodore Caruelle d'Aligny e osservando mentre erano all'opera suoi amici pittori, come Jean-Baptiste Camille Corot e Charles-François Daubigny, che rappresentava una delle figure di riferimento per i pittori della Scuola di Barbizon.[1]
Visitò più volte l'Italia e nel 1840 vi rimase un anno. Durante il soggiorno a Roma, incontrò Jean-Auguste-Dominique Ingres ed Hippolyte Flandrin, pittore neoclassico della Scuola di Lione. Nel 1841, proprio a Roma, conobbe Corot e ne coltivò l'amicizia. Si perdeva nella campagna romana, vagando alla ricerca di località solitarie - come la foce del Tevere - che erano rimaste abbandonate ed invase dalle sterpaglie. Era chiuso di carattere, tanto che di lui non sono note partecipazioni a mostre.
Nel 1850 fissò la sua residenza a Crémieu (Isère) e dal 1865 si spostò definitivamente a Morestel, incantato dalla luminosità e dal senso di isolamento che hanno i paesaggi rurali.
François-Auguste Ravier s'ispirava alle tecniche pittoriche di William Turner, ma nella ricerca di uno stile andò ben oltre: dipingeva sovrapponendo sulla tela larghi strati di colore, trascurando la definizione esatta dei contorni e privilegiando le ombre e la luce. Creava strani impasti di tinte e operava sfregamenti nel colore, che si sfilacciava in filamenti di luce. Pittore fuori dal tempo, per questa sua tecnica innovativa di miscelare colori è considerato un precursore dell'Impressionismo, ma anche del Divisionismo.
Fu sorpreso dalla malinconia di certi angoli della campagna romana. La sua capacità di addensare i colori, per cogliere luminosità atmosferiche, incantò Antonio Fontanesi, che lo conobbe quando era già vecchio e lo considerò un maestro. Una progressiva cecità lo colpì in vecchiaia. Si sussurrava intorno a luiː Aveva troppo guardato il sole.[2]
Marco Valsecchi, I paesaggisti dell'800, Milano, Electa-Bompiani, 1972, pp. 327-328, tav. 49, SBNSBL0437189.
(FR) Christine Boyer-Thiollier, D. Brachlianov, Francois-Auguste Ravier: 1814-1895: Musee des Beaux-Arts de Lyon, 15 fevrier-28 avril 1996, Paris-Lyon, Reunion des Musees Nationaux-Musee des Beaux-Arts, 1996, SBNVEA0081319.
(FR) Bénézit, Dictionnaire critique et documentaire des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs de tous les temps et de tous les pays, Paris, Gründ, 1999, vol. 11: Pintoricchio-Rottel, p. 473, SBNVEA0109026. Ad vocem