Francesco Sansovino (Roma, 1521 – Venezia, 28 settembre 1583) è stato un letterato italiano.
Nato a Roma, figlio naturale del grande architetto Jacopo Sansovino, ancora bambino seguì il padre, che si rifugiò a Venezia, mentre Roma veniva saccheggiata dai Lanzichenecchi (1527). Studiò legge a Bologna e a Padova, spostandosi più volte. Fece parte, per un breve periodo, della corte di Giulio III, prima di ammogliarsi e stabilirsi definitivamente a Venezia, dove condusse una vita ritirata e tranquilla da autore poligrafo, prestando la sua opera alle famose tipografie veneziane, per le quali fece traduzioni, compilò raccolte e annotò alcuni testi classici. Morì il 28 settembre del 1583.
Sono state registrate ben 97 opere, fra edite e inedite, scritte da Francesco Sansovino in un trentennio. Gli argomenti sono i più disparati: dalla storia alla medicina, dalle tecniche amorose all'agricoltura, dalla grammatica alla politica al diritto.
La sua opera più famosa è Venetia, città nobilissima et singolare, descritta in XIIII libri, chiamata brevemente Venetia descritta, una specie di enciclopedia sulla città veneta nella quale descriveva chiese, palazzi, opere d'arte, nonché usi, personaggi e avvenimenti fino al 1581, anno della stampa.
Grande fortuna ebbe anche l'opera Origini e fatti delle famiglie illustri d'Italia, più volte ristampata, ma sospettata di plagio da un'opera analoga di Giuseppe Betussi. Pubblicò anche due volumi di raccolte di discorsi, Orazioni volgarmente scritte da molti uomini illustri dei tempi nostri e il trattato sull'opera di segretariato Secretario o Trattato in quattro libri sull'arte di scrivere lettere "acconciatamente et con arte in qual si voglia soggetto".
Fu anche un valido critico letterario di grande finezza, pubblicando per esempio le Lettere sopra le dieci giornate del Decameron (1543) e analoghi scritti su Dante, Petrarca e Ariosto. Sul tema storico, tradusse, dal latino in italiano, nel 1583, gli Antiquitatum variarum volumina XVII di Annio da Viterbo: Le antichità di Beroso Caldeo Sacerdote. Et d'altri scrittori, così Hebrei, come Greci et Latini, che trattano delle stesse materie (1583), in seguito rivelatesi una complessa falsificazione[1].
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