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Dopo il conflitto la sua residenza venne fissata a Bolzano allo scopo di aumentare il sentimento di unità nazionale fra la popolazione.[5] Il 30 aprile 1928 Filiberto sposò a Torino Lydia d'Arenberg (1905-1977), figlia di Engelberto Maria d'Arenberg e di Edvige di Ligne.[6] La coppia non ebbe figli. Successivamente, la sua carriera militare si svolse fra l'Italia e l'Africa Orientale Italiana:[7]
Durante il fascismo l'OVRA raccolse un dossier, più o meno fondato, riguardante la sua presunta omosessualità.[9] Nonostante i suoi titoli, il duca di Pistoia si tenne sempre lontano dalla mondanità e dalla corte e condusse una vita abbastanza anonima, soprattutto se paragonata a quella dei cugini del ramo Savoia-Aosta.[10]
Dopo che Vittorio Emanuele III ebbe scartato Amedeo di Savoia-Aosta (in quanto si trovava prigioniero degli inglesi in Africa), Vittorio Emanuele di Savoia-Aosta (anziano, scapolo e senza figli) e Ferdinando di Savoia-Genova (anziano e senza figli), Galeazzo Ciano annotò nel suo diario che: «Nelle condizioni attuali non rimane che scegliere fra il Duca di Spoleto e il Duca di Pistoia. Il Re propende per il primo per ragioni di prestanza fisica e anche - fino a un certo punto - di capacità intellettuale».[12] Alla fine, infatti, la corona venne affidata al duca di Spoleto.
Dopo l'invasione della Francia nel 1940 e l'occupazione di Nizza nel 1942, il governo italiano pensò di ricostruire l'antica Contea di Nizza, sulla quale avrebbe dovuto regnare proprio Filiberto. Il progetto, però, non ebbe alcun seguito.[13]
Ultimi anni e morte
A seguito del mutamento istituzionale del 1946 Filiberto e Lydia d'Arenberg si trasferirono a Losanna, in Svizzera, in una proprietà di Lydia. Dopo pochissimi anni, però, i due si separarono. Tornato in Italia, Filiberto visse per trent'anni all'Hotel Ligure di piazza Carlo Felice a Torino insieme a suo fratello minore Adalberto, duca di Bergamo.[14]
Nel 1963, dopo la morte di suo fratello maggiore Ferdinando, scomparso senza eredi, Filiberto assunse il titolo di duca di Genova.[3][15]
Nel 1981, a seguito della chiusura dell'albergo nel quale risiedeva, si trasferì prima all'Hotel Concorde di via Lagrange, e poi tornò a Losanna e si stabilì nella casa lasciatagli in eredità dalla moglie Lydia, scomparsa nel 1977. Morì nel 1990 e venne sepolto nella cripta reale della basilica di Superga, sulle alture di Torino.[16] Non avendo avuto figli ed essendo Adalberto morto nel 1982, nel titolo ducale gli succedette suo fratello minore Eugenio.[3]
Filiberto, durante la sua vita, non godette di particolare stima se si tiene presente che Galeazzo Ciano, alla data del 24 agosto 1939, riportò nel suo diario un commento sprezzante di Vittorio Emanuele III, il quale lamentava il fatto che Mussolini avesse appositamente messo in forzata inattività militare suo figlio Umberto, escludendolo così non solo dalla possibilità di prendere decisioni, ma anche dal poter ricevere gloria militare: «Hanno il comando quei due imbecilli di Bergamo e di Pistoia, ben può averlo anche mio figlio».[17]
Allo stesso modo, ai tempi del referendum del 1946, nel diario di Falcone Lucifero si trovarono alcuni riferimenti poco lusinghieri nei confronti di Filiberto e di Adalberto con riguardo al loro acume, non già al loro stile di vita, che fu sempre improntato al riserbo e alla semplicità.[18]
«In un combattimento di alta montagna, benché sottoposto a nutrito fuoco di artiglieria avversaria, con rara perizia, calma e sprezzo del pericolo diresse personalmente il tiro delle proprie armi, dando bello esempio di valore ai suoi dipendenti.» — Monte Stablei, 13 agosto 1918[4]
Filiberto di Savoia-Genova fu autore di due libri:
La prima divisione Camicie Nere "23 marzo" - "Implacabile", Milano, Bompiani, 1938.[20]
La nostra guerra. Discorso tenuto dall'Altezza Reale Filiberto di Savoia-Genova duca di Pistoia, Torino, Montrucchio, 1940.[21]
Note
^abNonostante l'uso del trattamento nobiliare continui all'interno della famiglia Savoia, i titoli nobiliari sono stati soppressi dalla XIV disposizione finale e transitiva della costituzione (in atto dal primo gennaio 1948).
^A norma dell'art. 34 dello Statuto Albertino: «I Principi della Famiglia Reale fanno di pien diritto parte del Senato. Essi seggono immediatamente dopo il Presidente. Entrano in Senato a vent'un anno, ed hanno voto a venticinque».
Giulio Vignoli, Il sovrano sconosciuto. Tomislavo II re di Croazia, Milano, Mursia, 2006, ISBN88-425-3583-4.
Gigi Speroni, Umberto II. Il dramma segreto dell'ultimo re, Milano, Bompiani, 2004, ISBN88-452-1360-9.
Lorenzo Benadusi, Il nemico dell'uomo nuovo: l'omosessualità nell'esperimento totalitario fascista, Milano, Feltrinelli, 2005, ISBN88-07-10386-9.
Massimo de Leonardis, Monarchia, Famiglia Reale e Forze Armate nell'Italia unita, in Rassegna Storica del Risorgimento, LXXXV, fascicolo IV, ottobre-dicembre 1998, ISSN 0033-9873 (WC · ACNP).
Giulio Vignoli, L'irredentismo italiano di Nizza e del Nizzardo, Roma, Settimo Sigillo, 2015, pp. 47–50.