Padre, assieme a Octavio Getino e Fernando Vallejo, del gruppo «Cine-Liberation» argentino, regista politicamente e socialmente impegnato, esordì nel 1968 con L'ora dei forni, film documentario dedicato a Che Guevara, girato durante la temperie rivoluzionaria contro il neo-colonialismo e la violenza che alla fine degli anni sessanta caratterizzarono l'America Latina e grazie al quale divenne punto di riferimento per il cinema politico e militante sudamericano.
Sempre con Octavio Getino, Solanas scrisse il manifesto Verso un Terzo Cinema[1], un'idea di un cinema politico, "terzo" rispetto al cinema hollywoodiano (il "primo cinema") ed a quello artistico "d'autore" europeo (il "secondo"), che sostenesse la causa dei paesi vittime del neoliberismo, piuttosto che perseguire il mero profitto economico rendendo lo spettatore un "consumatore dell'ideologia borghese". Per il terzo cinema il film era un'"arma di liberazione" che doveva fare di ogni partecipante un "guerrigliero" ed in cui il regista doveva far parte di un "collettivo", un gruppo produttivo operante per conto degli oppressi.
Nel 1976 si trasferì, in esilio, a Parigi e nel 1983 fece ritorno in Argentina.
Continuò a girare film politici e fu apertamente critico nei confronti di Carlos Menem: nel maggio 1991, tre giorni dopo una dichiarazione pubblica fortemente critica verso il Presidente dell'Argentina, Solanas fu vittima di un attentato, gli furono sparati contro due proiettili. Menem lo denunciò per calunnie. L'episodio segnò la scelta della militanza politica: nel 1992 si candidò al Senato nella provincia di Buenos Aires ottenendo il 7% dei voti, l'anno seguente fu eletto deputato con il Frente País Solidario, anche se l'appartenenza al partito durò solo un anno per via delle divergenze con Carlos "Chacho" Álvarez (vicepresidente dell'Argentina durante la presidenza di Fernando de la Rúa).