«Sono rimasto stupefatto nel vedere lo stile di Cozzolino, come sale leggero, sicuro, su pur minimi appigli. Dove altri hanno tentato con chiodi a espansione, lui è passato in libera»
Portato agli sport e all'attività all'aria aperta, iniziò ad arrampicare in Val Rosandra a 17 anni. In pochi anni Enzo, noto con il soprannome di "Grongo" (come l'omonimo pesce, per il mento e la dentatura pronunciati, nonché la tenacia) diventò un alpinista di punta, annoverato tra i pionieri del settimo grado,[1] che con i loro exploit porteranno all'apertura verso l'alto della scala UIAA.
Metodico nell'allenamento, fu tra i primi ad applicare un'etica alpinistica rivoluzionaria per l'alpinismo europeo, basata sull'utilizzo minimale dei sistemi di protezione e sul rifiuto dell'utilizzo del chiodo come mezzo di progressione, caratteristico degli anni sessanta.[2]
In tale stile, anche in solitaria, compì diverse prime ascensioni, alcune delle quali rimaste celebri. Tra di esse la via dei Fachiri (450 m, VI), aperta il 14 e 15 gennaio del 1972 insieme a Flavio Ghio con soli 12 chiodi sulla parete sudovest della Cima Scotoni, che ospita la storica via degli Scoiattoli, e il diedro che ha preso il suo nome sul piccolo Mangart di Coritenza, con Armando Bernardini, il 22 e 23 settembre 1970 (800 m, oggi VII-, con soli 10 chiodi). Compì anche diverse ascensioni di V e VI grado in solitaria, cosa di rilievo per i tempi, come la Comici alla Cima d'Auronzo (1° solitaria) e la Pisoni-Stenico alla Torre del Lago (1° solitaria invernale).
Impegnato nel servizio militare, durante un'ascensione di allenamento in solitaria alla via Soldà alla Torre di Babele (gruppo del Civetta) cadde trovando la morte a nemmeno 24 anni.
Ascensioni
Spiz d'Agnèr Sud: parete nord, 900 m, V e VI, con Paolo Rumiz nel 1970;
Spiz d'Agnèr Nord: parete ovest, 750 m, V e VI con L. Corsi nel 1970;
Pizzèt d'Agnèr: parete nord, 600 m, V e VI con U. Iavazzo nel 1969;
la scuola di alpinismo della sezione CAI XXX Ottobre di Trieste;
un belvedere della Napoleonica, strada panoramica alla periferia di Trieste sulla quale si affacciano le pareti di roccia dove Cozzolino soleva allenarsi;[3]
Fachiri, echi verticali, un lungometraggio di Giorgio Gregorio.[4]
^Il belvedere Enzo Cozzolino, su banff.it, 20 giugno 2014. URL consultato l'11 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2014).
^ Luciano Santin, Cozzolino, omaggio a un eroe del 7º grado, su loscarpone.cai.it, CAI. URL consultato l'11 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2014).