Tra il 1982 e il 1996 fu collaboratrice a vario titolo dei governi presieduti da Felipe González[5]; Alfredo Pérez Rubalcaba e Josep Borrell furono considerati suoi mentori[2][6]. Tra il 1982 e il 1984 diresse il Dipartimento di Studi presso l'Istituto per la piccola e media impresa all'interno del Ministero dell'Industria[7]. Dal 1985 al 1991 fu Direttore Generale dei costi del personale all'interno del Ministero dell'Economia e delle Finanze. Infine, dal 1991 fu Segretaria Generale delle comunicazioni presso il Ministero dei Lavori Pubblici[8]. Negli ultimi mesi, diresse la Fundación Teatro Lírico che si occupava della gestione del Teatro Real; quando il potere politico passò al Partito Popolare, Elena Salgado venne licenziata[9][10].
Nel 1996 passò al settore privato, lavorando per svariate aziende nell'ambito delle telecomunicazioni[11].
Carriera ministeriale
Nel 2004, l'allora Presidente del Governo di SpagnaJosé Luis Rodríguez Zapatero scelse Elena Salgado come ministra della Sanità. In queste vesti, condusse svariate campagne e fu autrice di alcune riforme. Produsse una legge sulla procreazione assistita in cui veniva abolita la regola secondo cui era possibile fecondare un massimo di tre ovociti per ciclo; inoltre, grazie al suo intervento, fu prevista la possibilità di prelevare degli embrioni per curare i fratelli malati[7] e per la crioconservazione a fini di ricerca[12][13]. Si batté contro le case di moda che a suo avviso promuovevano l'anoressia come modello positivo[9] e allo stesso tempo, chiese apertamente la sospensione delle pubblicità di Burger King che sponsorizzavano hamburger ipercalorici, sottolineandone l'impatto sull'obesità[14][15]. Uno dei suoi maggiori successi politici come ministra della Sanità fu l'approvazione di una delle leggi antifumo più restrittive dell'Unione Europea[16][17], non riuscì invece a far passare una legge limitativa rispetto al consumo di alcolici[18]. Per il suo operato, fu una dei cinque candidati finali alla presidenza dell'OMS[19], che andò invece a Margaret Chan[20].
Nel 2007, sempre all'interno dell'esecutivo guidato da Zapatero, Elena Salgado venne nominata ministra della Pubblica Amministrazione[21]. In questo ruolo, si occupò della riforma che implementò il documento d'identità elettronico e favorì un nuovo modello per la facilitazione del cittadino nell'accesso ai servizi pubblici[7]. Si guadagnò la fama di tecnocrate[22] e fu promotrice di una riforma delle pensioni dei dipendenti pubblici[23].
A seguito di un rimpasto di governo, nel 2009 venne nominata ministra dell'Economia e delle Finanze[26], nonché seconda Vicepresidente del Governo di Spagna[27]. Fu l'unico membro del governo Zapatero a resistere ai vari rimpasti[28] e fu considerata una delle donne più potenti dell'esecutivo, insieme a María Teresa Fernández de la Vega[29]. Elena Salgado risultò essere la prima donna a rivestire la carica di ministro dell'Economia[2] e gestì il ministero in un momento storico di estrema crisi[7]: la Spagna affrontava, infatti, un periodo di grave recessione economica in cui il numero dei disoccupati era giunto alla soglia dei 4 milioni[2]. La ministra Salgado effettuò tagli alla spesa pubblica[30], ricorse ad una temporanea imposta patrimoniale[31] e gestì una ristrutturazione del sistema bancario che era stato pesantemente colpito dalla crisi[32]; si oppose, inoltre, al rinvio del debito da 24 milioni di euro dalle comunità autonome al governo centrale[33][34]. Restò alla guida del ministero fino alla caduta del governo a seguito delle elezioni del 2011.
In seguito alla fine della sua carriera politica, si dedicò all'attività di consulente nel settore privato e nel 2016 divenne presidente dell'Asociación Española de Empresas de Consultoría[35].