Il Downsizing è un termine, in campo automobilistico, dove si predilige l'utilizzo di motori meno potenti (relativamente) in modo da indurre un utilizzo del motore nella zona a maggiore efficienza (minor rapporto g/kWh), riducendo di fatto il consumo e l'inquinamento ambientale. Bisogna considerare che la richiesta di potenza è molto variabile a seconda del carico, velocità e pendenza stradale, di conseguenza il motore deve avere un'ampia zona ad alto rendimento, altrimenti si ottimizza l'utilizzo sono in determinate condizioni operative.
Questa soluzione è stata applicata tramite l'utilizzo di un motore di cilindrata ridotta, solitamente abbinato ad un turbocompressore di nuova generazione, così da renderlo capace di esprimere prestazioni confrontabili o migliori rispetto a propulsori di cilindrata superiore, ma con consumi ed emissioni inferiori. Questo progetto motoristico viene utilizzato maggiormente nei motori a benzina di nuova concezione.[1]
Adozione
Esempi di questa tendenza sono il motore bicilindrico SGE (Small Gasoline Engine) della FIAT, dalla cilindrata di 875 cm³ dotato di turbo e con il sistema Multiair, che consente una forte riduzione dei consumi e, di conseguenza, delle emissioni di CO2, rispettando i limiti di emissioni Euro 5 ed Euro 6, con prestazioni pari ai motori di cilindrata maggiore.
Una delle prime case ad adottare questa strategia motoristica è stata la Ford con la famiglia di motori EcoBoost, con motori 1.0 a 3 cilindri sia turbocompressi che aspirati.[2]
Anche Volkswagen, con i motori TSI (Turbocharged Stratified Injection) punta sul downsizing. Il motore più recente è il 1.2 litri TSI, montato sulle Polo e Golf. Il 1.2 TSI esprime la stessa potenza di 77 kW dei suoi predecessori da 1598 cm³ partendo da una cilindrata di soli 1197 cm³, con migliore coppia e minori consumi.
Nelle berline di classe superiore, ai motori a 6 cilindri si stanno affiancando unità di circa due litri a 4 cilindri dotate di turbo con potenze analoghe, che coprono il raggio di potenza che va dai circa 180 ai 300 CV. Questo approccio è stato seguito da case automobilistiche come Porsche[3], Audi, Mercedes e BMW, in particolare quest'ultima ha organizzato un'economia di scala con unità dotate tutte di cilindri da 500 cm³, per formare motori tutti turbocompressi da 1.5 litri 3 cilindri, da 2.0 litri 4 cilindri e da 3.0 litri 6 cilindri con gran parte della componentistica condivisa nonostante le cilindrate differenti, per risparmiare e aumentare l'efficienza industriale nella loro produzione e per abbattere i costi di sviluppo e manutenzione, avendo i propulsori molte parti in comune.[4]
Rightsizing
In controtendenza rispetto alla concorrenza, incline a montare sulle vetture utilitarie e di segmento B motori con cilindrata ridotta e dotate di turbo (cioè il cosiddetto downsizing), la Mazda ha scelto la strada del Rightsizing, ovvero un'ottimizzazione e aumento dell'efficienza dei propulsori già esistenti, con l'utilizzo di un motore con tecnologia denominata dalla casa nipponica Skyactive; ciò viene applicato a tutta la gamma motoristica sia benzina che diesel della casa giapponese come ad esempio al quattro cilindri 1.5 aspirato a ciclo otto, comprensivo del sistema start e stop e della frenata rigenerativa. La mancanza di una turbina nei motori a benzina, il peso relativamente ridotto del motore e un rapporto di compressione basso favoriscono la diminuzione dei consumi di carburante e limitano le pressioni e le temperature interne durante la combustione, riducendo conseguenzialmente le sostanze inquinanti.[5][6]