Nel 1558 fu nominato podestà di Brescia. Dopo aver ottenuto il rettorato a Brescia ne divenne vescovo nel 1559. Il 4 maggio 1559 prese ufficialmente possesso della diocesi di Brescia, senza essere ancora sacerdote (celebrò la sua prima messa il 15 agosto). Ebbe modo di partecipare alle ultime fasi del Concilio di Trento, pronto poi ad attuare la riforma cattolica nella sua diocesi. Le direttive conciliari furono inizialmente attuate con le costituzioni diocesane del 1564. Nella premessa al testo stampato il vescovo ricorda i limiti del clero bresciano, come l'ignoranza, l'inadempienza all'obbligo della residenza, immoralità, concubinato e usura.
Dal 2 settembre 1565 all'estate del 1568 attuò la prima visita pastorale alle parrocchie della diocesi.
Secondo le indicazioni conciliari, fondò il seminario, di cui pose la prima pietra il 27 settembre 1568, radunò un sinodo diocesano nel 1574. Tra il 1572 e il 1573 attuò la seconda visita pastorale.
Nel 1570 espulse dalla diocesi la comunità anabattista della Valtrompia e nel 1572 espulse gli ebrei da Brescia. Nel 1571 promosse la costituzione di un corpo di fanteria da mille uomini a favore della lega cattolica contro i turchi, stanziando personalmente per la stessa causa 1129 ducati. Organizzò digiuni, processioni e preghiere pubbliche per il successo della guerra contro i turchi, che culminò con la battaglia navale di Lepanto.
Quando nel 1577 la peste si diffuse in città: dopo un primo momento di esitazione, in cui aveva lasciato Brescia, scelse di tornare a prendersi cura degli ammalati, seguendo l'esempio di Carlo Borromeo.
Nel 1567 portò a termine la costruzione del nuovo Palazzo vescovile di Brescia, avviata quasi un secolo prima[1].
Morì nel 1579 tra le braccia di san Carlo Borromeo, che ne celebrò le esequie in Santa Maria Maggiore (duomo vecchio). Il monumento sepolcrale, eseguito da Alessandro Vittoria, fu travolto dal crollo del campanile del duomo vecchio il 5 maggio 1708, le parti salvate sono conservate presso il Museo di Santa Giulia di Brescia.[2]
Stemma
Troncato d'oro e d'azzurro con la banda di rosso caricata di un filetto d'argento, attraversante sulla partizione.[3]
^ Alessandro Augusto Monti Della Corte, Armerista bresciano, camuno, benacense e di Valsabbia, Brescia, Tipolitografia Geroldi, 1974, p. 265.
Bibliografia
Antonio Fappani, Enciclopedia Bresciana, vol. III, Brescia 1978.
Antonio Fappani, Francesco Trovati, I vescovi di Brescia, Moretto, Brescia 1982, pp. 154–160.
Daniele Montanari, Disciplinamento in terra veneta. La diocesi di Brescia nella seconda metà del XVI secolo, Bologna 1987.
Giuseppe Tassini, Curiosità veneziane, Filippi Editore, Venezia 2009.
Simona Negruzzo, Gli Acta Ecclesiae Brixiensis di Domenico Bollani, strumento di riforma nello spirito tridentino, in Gli «Acta Ecclesiae Brixiensis» del vescovo Domenico Bollani, a cura di Simona Negruzzo, Roma, Edizioni Studium, 2012, pp. 13–51.
Paolo Guerrini, Atti della visita pastorale del vescovo Domenico Bollani alla diocesi di Brescia, Brixia Sacra, Brescia, 1940.