Decimo Lelio Balbo
Decimo Lelio Balbo (in latino: Decimus Laelius Balbus; 48 a.C. circa – dopo il 6 a.C.) è stato un magistrato romano, console dell'Impero romano.
Biografia
Discendente di una famiglia vicina alla gens Iulia, Balbo era probabilmente figlio del quaestor pro praetore Decimo Lelio Balbo[1], che aveva governato insieme a Quinto Cornificio la provincia d'Africa come partigiano di Ottaviano prima di suicidarsi una volta sconfitto dall'antoniano Tito Sextio nel 40 a.C.[2] Balbo era poi nipote di Decimo Lelio[1], tribuno della plebe nel 54 a.C.[3] e praefectus classis di Pompeo nel 49 a.C.[4], e pronipote[1] del legato pompeiano ucciso in Spagna attorno al 76 a.C. Decimo Lelio[5].
Non molto è noto della carriera di Balbo. Egli compare per la prima volta nelle fonti come quindecemvir sacris faciundis in occasione dei Ludi Saeculares del 17 a.C.[6]: i Fasti Capitolini lo inseriscono tra i magistri del collegio al fianco di Augusto, Gaio Senzio Saturnino, Marco Claudio Marcello e Marco Fufio Strigone[7]. Un'iscrizione di incerta attribuzione potrebbe testimoniare la sua appartenenza anche al collegio dei septemviri epulonum[8].
La seconda e ultima attestazione certa di Balbo è al vertice della politica romana: egli, homo novus probabilmente favorito dalla sua carica sacerdotale[9], fu console ordinario insieme a Gaio Antistio Vetere per tutto l'anno 6 a.C.[10]
Forse[11] dedicatario di un epigramma di Apollonide di Smirne[12], Balbo ebbe sicuramente una figlia, Lelia[1], che sposò probabilmente il console suffetto del 17, Gaio Vibio Marso[13]. Suo figlio o più probabilmente nipote fu il crudele oratore Decimo Lelio Balbo, vissuto sotto Tiberio ed esiliato, con perdita dello status senatorio, nel 37 (forse però egli recuperò lo status negli anni successivi, arrivando a diventare console suffetto nel 46)[14].
Note
- ^ a b c d PIR L 47.
- ^ Cassio Dione, Storia Romana, XLVIII, 21, 1-6; Appiano, Guerre Civili, IV, 53 e 55.
- ^ Valerio Massimo, Memorabilia, VIII, 1, 3.
- ^ Cesare, De Bello Civili, III, 5, 3; III, 7, 1; III, 40, 4; IGR III, 1018.
- ^ Sallustio, Historiae, II, 31; Frontino, Stratagemata, II, 5, 31.
- ^ CIL VI, 32323.
- ^ Fasti Capitolini (InscrIt. XIII, 1, 63 = CIL I2 p. 29).
- ^ CIL VI, 2194.
- ^ Ronald Syme, The Augustan aristocracy, Oxford, Clarendon Press, 1986, p. 78.
- ^ CIL VI, 763 = ILS 3307; CIL X, 5161; AE 1965, 333; CIL IV, 10018; CIL VI, 11034 = ILS 7890.
- ^ Cfr. le opinioni contrastanti di A. Hillscher, Hominum literatorum Graecorum ante Tiberii mortem in urbe Roma commoratorum historia critica, in Jahrbücher für Classiche Philologie, Supplb. XVIII (1892) 353-444, in particolare pp. 419-420, e C. Cichorius, Römische Studien. Historisches, Epigraphisches, Literaturgeschichtliches aus vier Jahrhunderten Roms, Leipzig-Berlin, 1922, pp. 336-337.
- ^ Anthologia Graeca, IX, 280 ( Anthologia Graeca online, su anthologiagraeca.org.)
- ^ PIR2 V.1 L 57 (L. Petersen).
- ^ PIR2 V.1 L 48-49 (L. Petersen).
Bibliografia
- (LA) Leiva Petersen, L 47, in Leiva Petersen (a cura di), Prosopographia Imperii Romani saec. I. II. III, V.1, 2ª ed., Berlin, De Gruyter, 1970.
Voci correlate
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