Nato a Lubiana (allora capoluogo del Ducato di Carniola, parte dell'Impero austro-ungarico) da una famiglia slovena originaria della Carinzia. Suo cugino Franc Kotnik divenne un importante storico letterario; un altro cugino Janko Kotnik invece un rinomato linguista. Il padre di Ciril, Franc Kotnik, si trasferì a Trieste, dove si sposò con una donna slovena del luogo. Il loro figlio è il noto missionario sloveno Jaroslav Kotnik.
Ciril rimase a Lubiana, dove si iscrisse al liceo classico. In quegli anni, si avvicinò alle idee patriottiche dei giovani intellettuali sloveni che si battevano per l'emancipazione dei popoli slavi dal dominio austriaco e la fondazione di una nuova formazione politica degli Slavi del Sud. Con lo scoppio della Guerra balcanica nel 1912, Kotnik si arruolò come volontario nell'esercito serbo. A guerra finita, fu insignito della Stella di Karađorđe, una delle maggiori onorificenze militari del Regno di Serbia.
Dopo la fine della prima guerra mondiale e la fondazione del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, Kotnik venne ammesso nel servizio diplomatico del nuovo stato jugoslavo; fu mandato a Roma, dove lavorò presso l'ambasciata jugoslava per quasi due decenni.
Alla fine del 1941, Kotnik fu nominato ambasciatore presso la Santa Sede dal Regio Governo Jugoslavo in esilio. Mantenne contatti sia con il governo in esilio a Londra, sia con la resistenza monarchica del generale Draža Mihailović e anche con alcuni esponenti filo-britannici del Partito popolare sloveno (ad esempio con l'avvocato gorizianoJanko Kralj); rimase però ostile al movimento comunista partigiano di Josip Broz Tito.
In funzione di ambasciatore presso la Santa Sede, Kotnik aiutò numerosi antifascisti ed ebrei romani a sfuggire la repressione nazifascista.[1] Il 28 ottobre 1943 fu arrestato dalla Gestapo, rinchiuso nella prigione di Via Tasso e sottoposto a sevizie, ma non rivelò nessuno dei suoi contatti segreti.
Morì a pochi anni dalla fine della guerra a causa delle conseguenze delle torture subite in prigione.
Nel 2014, sull'edificio di via Salaria ove visse Kotnik, il comune di Roma ha fatto apporre una lapide commemorativa.
Note
^- W. Veltroni, La bella politica, 1995; - testimonianza del rabbino S. Sorani nel libro: Robert G. Weisbord, Wallace P. Sillanpoa, The Chief Rabbi, the Pope, and the Holocaust: An Era in Vatican-Jewish Relations 1992, p. 64 [1]