Nel 2010 il 60% della popolazione si dichiara cattolica, pur essendo l'87% della popolazione nata in famiglie cattoliche.[3] Nel 1980 si dichiaravano cattolici il 72% dei belgi, scesi al 68% nel 1990 e al 65% nel 2005.
Storia
Ancien régime
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Primo Ottocento
La situazione in Belgio dopo il Congresso di Vienna
Il Congresso di Vienna aveva unito Belgio e Paesi Bassi, con il nome di Regno Unito dei Paesi Bassi, sotto il monarca protestante Guglielmo I d'Orange-Nassau. Dal punto di vista religioso, nei Paesi Bassi vi era una maggioranza protestante ed una minoranza cattolica; mentre il Belgio era a maggioranza cattolica. In uno Stato religiosamente diviso, l'unica soluzione era la libertà e l'uguaglianza dei culti, così come venne imposta a Vienna. Ma mentre i cattolici olandesi considerarono la Costituzione del 1814 un progresso rispetto al passato, i cattolici belgi e soprattutto fiamminghi volevano che per le province meridionali venissero ristabiliti gli antichi privilegi (specialmente sull'insegnamento). Così, guidati dal focoso vescovo di Gand De Broglie, le autorità diocesane belghe condannarono l'indifferentismo della nuova Costituzione e vietarono ai cattolici di prestarvi giuramento.
Sorsero poi nuove difficoltà sulla ristrutturazione delle diocesi, sulla nomina dei vescovi, sulla libera formazione del clero (nel 1825 la Chiesa belga si oppose all'istituzione del collegio filosofico di Lovanio, perché sarebbe stato di controllo statale). In pratica il re attuava una politica vessatoria nei confronti dei cattolici (più per spirito regalista che anticattolico); in Belgio si era persuasi che il re volesse protestantizzare il paese. Nel 1827, al momento della firma del Concordato con i Paesi Bassi, tutte le diocesi erano vacanti tranne l'arcidiocesi di Malines.
La nascita del cattolicesimo liberale
Nel Belgio si fa strada intanto una nuova mentalità, destinata a fare il giro dell'Europa con il nome di liberalismo cattolico. Giornali cattolici belgi si fanno portavoce di questa linea politica, vista con diffidenza a Roma, ma appoggiata dal Primate, l'arcivescovo De Méan (già ultimo principe-vescovo di Liegi), dal suo vicario e poi successore Sterckx, dal Van Bommel, dal De Ram (futuro rettore di Lovanio). Cattolici e liberali si trovarono così uniti contro la monarchia, i primi per difendere la libertà di insegnamento e la difesa del proprio culto, i secondi per la libertà di stampa e di effettiva rappresentanza in Parlamento.
Benché contemporaneo dell'Avenir, tuttavia il liberalismo cattolico belga non adotterà mai i principi del giornale lamennesiano; è un liberalismo puramente tattico, giustificato dalle contingenze e dalla situazione di fatto. Si possono distinguere tre tendenze nel liberalismo cattolico belga:
una minoranza che: condivide coi liberali l'entusiasmo per le grandi possibilità offerte dalla libertà dal punto di vista politico; inclina verso la repubblica; e rivendica una piena autonomia dei vescovi nel campo temporale;
all'estremo opposto stanno i conservatori, unionisti solo per il momento, in attesa di restaurare la tradizione monarchica e la religione di Stato;
fra i due schieramenti la cosiddetta "scuola di Malines", che non condivide interamente i principi del Lamennais, in quanto vuole combinare assieme i vantaggi del sistema liberale con quelli dell'ancien régime, nella convinzione che la libertà non deve escludere la protezione, né la protezione escludere la libertà.
Il Belgio indipendente
L'aver comunque fatto fronte unico rappresentò uno dei fattori decisivi per la vittoria della rivoluzione del 1830, che portò all'indipendenza del Belgio sotto un nuovo sovrano, il protestante Leopoldo I di Sassonia-Coburgo-Gotha. Nel congresso riunitosi per stabilire la nuova costituzione, l'arcivescovo De Méan scrisse una lettera a Roma, redatta dallo Sterckx, in cui non si chiedevano privilegi, ma libertà. Accanto a questa lettera, abbiamo anche l'opuscolo del De Ram, Considérations sur les libertés religieuses, largamente diffuso.
la libertà religiosa e la libertà di culto pubblico
che nessuno può essere costretto ad atti o cerimonie di culto
che lo Stato non deve intervenire nella nomina dei ministri di qualsiasi culto né impedire la libera comunicazione con i superiori
che il matrimonio civile precede quello religioso
che l'insegnamento è libero
che gli stipendi dei ministri della religione siano pagati dallo Stato (per compensare le confische subite durante la rivoluzione francese).
L'atteggiamento della Santa Sede
Roma dapprima fu diffidente verso la soluzione belga, poi, in seguito alla risposta dello Sterckx (non è vera e propria separazione, ma un modus vivendi che rappresenta la soluzione pratica migliore), mantenne il silenzio, anche dopo la Mirari vos.
Politicamente si susseguirono diversi cabinetti "unionisti" cattolico-liberali; religiosamente abbiamo lo sviluppo degli ordini religiosi, delle scuole, il riconoscimento dell'università di Malines voluta dall'episcopato, ma combattuta dai liberali e dal nunzio. Fu merito certamente del re e dello Sterckx, se la Chiesa poté realizzare quanto di meglio potesse.
Secondo Ottocento
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Novecento
Il Belgio ebbe un ruolo di protagonista nel movimento liturgico. Gli studiosi fanno risalire la nascita del movimento liturgico al congresso di Malines del 1909, in cui dom Lambert Beauduin (1873-1960), monaco dell'abbazia di Mont-César, presentò la sua relazione sulla partecipazione dei fedeli al culto cristiano.[4] Mont-César era una delle abbazie in cui si era dato seguito alla restaurazione liturgica di dom Guéranger, oltre a dom Beauduin, vi erano presenti dom Bernard Botte (1883-1980) e dom Bernard Capelle (1884-1961), che organizzarono le "Settimane liturgiche" e diedero vita ad alcune pubblicazioni, fra cui la rivista Questions liturgiques et paroissiales.[4] Dal punto di vista pratico dom Beauduin chiese al cardinale Désiré-Joseph Mercier, arcivescovo di Malines, di richiedere a Roma il permesso di una messa dialogata, in cui i fedeli potessero a voce alta associarsi alle risposte date dai ministranti nella Messa bassa.[5]Papa Pio X con il motu proprio Abhinc duos annos del 23 ottobre 1913 sembrò voler raccogliere parte delle istanze del movimento liturgico, esponendo la volontà di completare la riforma del breviario e di «disporre meglio numerosi punti della liturgia».[4]
Negli anni Cinquanta emerge una divergenza tra una parte del movimento liturgico più legata all'impostazione di dom Guéranger, che ha come centro d'irradiazione l'abbazia di Solesmes in Francia e una parte più riformatrice che fa capo al Belgio e in particolare all'abbazia di Mont-César.[7]
Papa Pio XII con l'enciclica Mediator Dei del 20 novembre 1947 condannò alcuni abusi che erano stati attuati dal movimento liturgico, fra cui il ritorno alla fonti antiche al di là dei riti introdotti dalla Chiesa nel corso dei secoli, le celebrazioni in lingua volgare, la soppressione di alcuni brani dalla Sacra Scrittura, l'abolizione del colore liturgico nero, la sostituzione dell'altare con una tavola, l'eliminazione di immagini e statue di santi. Dom Botte reagì bloccando le iniziative per evitare la condanna della Congregazione dei Riti, ma si riservò di preparare in privato dei progetti di riforma che gli episcopati avrebbero dovuto presentare a Roma. Per avere successo questi progetti dovevano essere coordinati in riunioni internazionali. Un primo congresso internazionale si svolse a Lugano nel 1953, un altro si svolse ad Assisi nel 1956.[8] Alle riunione internazionali partecipavano vescovi, professori e liturgisti e venivano discussi temi come l'orientamento dell'altare, la soppressione dell'offertorio, perché doppione della consacrazione, l'introduzione delle lingue nazionali, la concelebrazione[9][10] La concelebrazione era stata oggetto di celebrazioni abusive, fra cui le quasi-concelebrazioni di dom Casel, nelle quali i sacerdoti assistevano alla messa disposti in semicerchio davanti all'altare e prendevano la comunione dalla sua mano e le concelebrazioni selvagge, fra cui quelle della parrocchia pilota di La Bouverie[11] nella diocesi di Tournai[12] in cui i sacerdoti pronunciavano contemporaneamente le parole della consacrazione.[13]
Il santuario mariano più famoso è quello della Vergine dei Poveri di Banneux. In questo villaggio, vicino a Liegi, la Vergine apparve ad una bambina undicenne per otto volte dal 15 gennaio al 2 marzo 1933. A differenza della maggior parte dei santuari, a Banneux c'è solo una piccola cappella e le celebrazioni si svolgono di regola all'esterno. Accorrono qui circa un milione di pellegrini ogni anno. Maria è venerata a Banneux con il titolo di Signora dei Poveri.
Altri santuari belgi sono:
Il santuario di Nostra Signora del Biancospino
a Beauring, vicino a Namur, dove ci furono altre apparizioni appena prima di quelle di Banneux.
In moltissime città del Belgio, soprattutto nelle Fiandre, sorgono uno o più beghinaggi, piccole città nelle città, circondate da mura, dove le beghine si ritiravano per una vita di meditazione e di preghiera, ma soprattutto di fattiva carità. Non si trattava di veri e propri monasteri, ma di comunità di laiche (fra le quali molte vedove), che ricevevano una piccola abitazione a titolo gratuito.
Prassi religiosa
Devozione popolare
A Bruges è venerata la reliquia del Preziosissimo Sangue di Cristo, che viene portata in solenne processione il giorno dell'Ascensione.
^abcClaude Barthe, Storia del Messale Tridentino, 2ª edizione, Solfanelli, 2021, pp. 148-149 ISBN 978-88-3305-057-7
^Claude Barthe, Storia del Messale Tridentino, 2ª edizione, Solfanelli, 2021, p. 157 ISBN 978-88-3305-057-7
^Claude Barthe, Storia del Messale Tridentino, 2ª edizione, Solfanelli, 2021, pp. 148-149 ISBN 978-88-3305-057-7
^Claude Barthe, Storia del Messale Tridentino, 2ª edizione, Solfanelli, 2021, p. 151 ISBN 978-88-3305-057-7
^Claude Barthe, Storia del Messale Tridentino, 2ª edizione, Solfanelli, 2021, p. 153 ISBN 978-88-3305-057-7
^Prima della riforma liturgica la concelebrazione era presente solo nell'ordinazione sacerdotale e nella consacrazione episcopale, nel rito lionese era prevista nella Messa del Giovedì Santo.
^Claude Barthe, Storia del Messale Tridentino, 2ª edizione, Solfanelli, 2021, p. 154 ISBN 978-88-3305-057-7
^(FR) Jean-Thierry Maertens, Une liturgie déchantée, Cahiers Internationaux de Théologie Pratique, n° 10, 1999, p. 42
^Claude Barthe, Storia del Messale Tridentino, 2ª edizione, Solfanelli, 2021, p. 154 nota 187 ISBN 978-88-3305-057-7
Bibliografia
Giacomo Martina, La Chiesa nella prima metà dell'Ottocento. Orientamenti generali: principi e realtà (liberamente scaricabile dal sito della Treccani [1])
Santuari belgi, su unitalsiemiliaromagna.it. URL consultato il 29 gennaio 2008 (archiviato dall'url originale il 25 agosto 2007).