Carlo Maria Martini nacque a Torino il 15 febbraio 1927, da Leonardo Martini, un ingegnere torinese originario di Orbassano (dove si recò come sfollato in tempo di guerra), e da Olga Maggia. Venne battezzato una settimana dopo la nascita nella parrocchia dell'Immacolata Concezione di Borgo San Donato,[2] il quartiere dove trascorse anche l'infanzia e l'adolescenza, abitando in via Cibrario 9.[3]
Sacerdote e biblista
Sviluppò sin da giovanissimo interessi biblici:
«Mi misi a cercare nelle biblioteche di Torino una traduzione italiana del Nuovo Testamento completo. Trovai edizioni dei Vangeli, ma facevo fatica a trovare un'edizione completa del Nuovo Testamento tradotta dal greco. La trovai solo dopo parecchie ricerche. Avevo allora circa undici, dodici anni.»
Secondo l'uso gesuita del tempo, fu ordinato suddiacono l'11 luglio 1952, diacono il 12 luglio e presbitero il 13 luglio. A conferire le tre ordinazioni, nella chiesa di Sant'Antonio a Chieri, fu il cardinale Maurilio Fossati, arcivescovo di Torino.[5]
«Dovrei porre due momenti: quello della mia scelta religiosa, che risale a un tempo lontano; è la prima intuizione che Dio è tutto, e tutto può chiedere. Io vivevo nell'ambiente dei gesuiti, e scoprivo la loro dedizione completa, e la sentivo come la radice di ogni decisione possibile. Ma mi accorgo che dopo molti anni ho un po' come riscoperto l'aspetto evangelico, che cosa significa portare la buona novella tra la gente del mondo. Fino a questa rivelazione, ho vissuto imparando, mandando a memoria gesti e modi di essere, poi ho trovato una maniera più personale, acqua che nasce come sorgente.»
Nel 1959 compì il suo primo viaggio in Terra santa visitando luoghi archeologici come studioso.
Nel 1964 curò una nuova edizione del Nuovo Testamento in greco e latino. Dopo aver insegnato nella Facoltà teologica di Chieri, tornò a Roma e, nel 1966, si laureò in Sacra Scrittura summa cum laude al Pontificio Istituto Biblico con l'importante tesi "Il problema della recensionalità del codice B alla luce del papiro Bodmer XIV", pubblicata nello stesso anno, di cui fu relatore Stanislas Lyonnet, che era stato anche suo professore.[7] Proseguì gli studi in Sacra Scrittura sempre presso il Pontificio Istituto Biblico, dove nel 1962 gli venne assegnata la cattedra di critica testuale e il 29 settembre 1969 venne nominato rettore, incarico che manterrà fino al 1978. Come rettore visitò numerose volte Gerusalemme e divenne amico di Shemaryahu Talmon, rettore dell'università ebraica di Gerusalemme, con cui instaurò una serie di rapporti e collaborazioni, arrivando a un programma di scambi interculturali in cui gli studenti italiani (in prevalenza religiosi e religiose) avrebbero potuto frequentare un semestre di studi nell'università di Gerusalemme, per meglio conoscere il mondo e la cultura ebraica, programma attivo ancora dopo 30 anni dalla sua nascita.[8]
Nello stesso periodo diventò uno dei cinque studiosi riuniti in un comitato internazionale incaricato di curare una nuova edizione critica del Nuovo testamento greco: fu l'unico componente cattolico e l'unico italiano del comitato costituito da studiosi di diverse confessioni cristiane.
A valle dell'ordinazione ad arcivescovo, ebbe luogo un momento conviviale presso l'Università Gregoriana al quale partecipò Pedro Arrupe,[10] l'allora Superiore Generale dei gesuiti di cui padre Martini era considerato il successore più probabile.[11] Nel 1981 Giovanni Paolo II revocò la nomina di Arrupe, sostituendolo con i padri Paolo Dezza e Giuseppe Pittau. La nomina di Martini al vertice massimo di una delle diocesi più importanti d'Italia fu vista come un modo per poter giungere al commissariamento pontificio dell'ordine.[12]
Il 10 febbraio 1980 prese possesso dell'arcidiocesi ambrosiana; dopo aver fatto l'ingresso a piedi verso la piazza del Duomo, disse: "Vengo da lontano, come Paolo, con titubanza".[13]
Nel 2001, ricordando il suo ingresso a Milano nella lettera pastorale "Sulla tua parola", scrisse:
«Mi riconoscevo nella confessione di Pietro: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore" (Lc 5,8); sperimentavo infatti un senso di indegnità e di confusione, percepivo tutta la mia fragilità e inadeguatezza, ma insieme nutrivo la fiducia che Dio non avrebbe abbandonato il suo discepolo. Avvertivo mie le parole di Isaia - ascoltate nella prima lettura di quella stessa Messa -: "Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono!" (Is 6,5), parole così vicine alla dichiarazione di Pietro. Percepivo tuttavia nella profondità del mio cuore che Gesù stava dicendo proprio a me, in modo nuovo, le parole rivolte a Pietro: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini" (Lc 5,10). A distanza di oltre vent'anni avverto il bisogno profondo di ringraziare Dio perché la promessa è stata mantenuta al di là di ogni mia attesa.»
Fin dall'inizio la sua attività pastorale venne caratterizzata dalla ricerca di un contatto personale con tutte le realtà umane della diocesi, con passeggiate solitarie nelle vie cittadine, arrivando a festeggiare il suo primo onomastico servendo la minestra ai "barboni" nel rifugio di fratel Ettore sotto la stazione centrale.[15] Ritornò da fratel Ettore nel 2000, due anni prima di salutare la città.
Nel novembre dello stesso anno avviò nella diocesi la pratica della Scuola della Parola, ricalcata sulla Lectio divina, per insegnare a «leggere un testo biblico usato nella liturgia, per gustarlo nella preghiera e applicarlo alla propria vita».[16]
Più volte, nei primi anni, è stato sul punto di rinunciare di fronte al peso delle responsabilità. In quel periodo lavorava tantissimo. A volte andò anche a trovare in segreto famiglie bisognose della città, fermandosi a cena da loro, servendo a tavola e chiedendo anche di lavare i piatti. Approfittò anche del breve periodo di anonimato, all'inizio quand'era ancora quasi sconosciuto, per passeggiare in città o andare a comprare il giornale.[17]
In uno dei suoi primi atti come cardinale, con l'intermediazione del cappellano don Luigi Melesi, visitò il gruppo di terroristi detenuti nel carcere milanese di San Vittore iniziando un dialogo con coloro che intendevano dissociarsi o pentirsi della loro scelta.[19] Sempre nel 1983 fu scelto come interlocutore dai militanti di Prima Linea in una "conferenza di organizzazione" che si tenne nel carcere Le Vallette di Torino, dove era concentrata la gran parte degli imputati del "maxiprocesso" che era in corso contro l'organizzazione, che decisero di far consegnare proprio all'arcivescovo Carlo Maria Martini le armi ancora in disponibilità dei piellini rimasti liberi.[20] Il 13 giugno 1984 uno sconosciuto si presentò nell'arcivescovado di Milano al segretario di Martini e abbandonò sul tavolo tre borse da tennis contenenti le ultime armi dell'organizzazione terroristica,[21] tra cui due AK-47 Kalashnikov, mitra, pistole, munizioni e bombe per bazooka; la consegna delle armi venne preannunciata a Martini da Ernesto Balducchi, leader dei Comitati Comunisti Rivoluzionari e sotto processo al tempo, con una lettera speditagli il 14 maggio.[19] Secondo Sergio Segio, "quel gesto generoso di Martini sicuramente accelerò la fine della lotta armata e contribuì a dare speranza e un nuovo progetto a migliaia di giovani incarcerati".[22]
Nell'agosto del medesimo anno battezzò, a seguito di una richiesta avuta durante la visita natalizia in carcere, due gemelli nati da Giulia Borelli e Enrico Galmozzi, membri di Prima Linea,[18] provocando malumori e proteste in alcuni circoli cattolici; Sergio Lenci, una delle vittime di questi terroristi, spedì una lettera aperta di protesta al quotidiano la Repubblica. Di fronte alle numerose critiche ricevute Martini spiegò la sua opera in un articolo pubblicato in settembre su La Civiltà Cattolica spiegando che il rinnovamento della società deve passare per il rinnovamento dell'uomo e che la Chiesa deve facilitare ciò dando il benvenuto a ogni manifestazione di buona volontà, incluse quelle provenienti dalle carceri.[19]
Nel novembre 1986 indisse il grande convegno diocesano ad Assago sul tema del "Farsi prossimo", dove fu lanciata l'iniziativa delle Scuole di formazione all'impegno sociale e politico.[23] L'anno seguente, durante la VII assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi a tema "La vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo", tenne un duro intervento sulle degenerazioni dei movimenti e sulla loro autoreferenzialità rispetto alla Chiesa.[24]
La Cattedra dei non credenti e il dialogo con l'Islam
Nel 1987 avviò nell'arcidiocesi l'iniziativa, conclusasi nel 2002, della Cattedra dei non credenti, occasione di incontro e di dialogo tra cristiani e non credenti, rivolta nelle intenzioni di Martini a tutti i "pensanti" senza distinzione di credo.[25][26]
Nel tradizionale discorso alla città del 1990, tenuto alla vigilia del giorno di Sant'Ambrogio, stupì tutti i presenti dedicando tutto l'intervento al tema civile e spirituale del rapporto tra "i milanesi e l'Islam". Raccomandò alla comunità civile in vista di una necessaria "integrabilità" di trasmettere con forza ai nuovi venuti la consapevolezza di non potersi appellare ai principi della legge islamica per ottenere spazi e prerogative giuridiche specifiche in un regime di laicità, sollecitando l'accoglienza e il dialogo.[27][28]
Nel 1993Helmut Kohl fu invitato da Mino Martinazzoli e Pierluigi Castagnetti in Italia. Il cancelliere pose come condizione una cena in arcivescovado, durante la quale Kohl e Martini parlarono tutto il tempo di teologia, non di politica, e in tedesco. Il cancelliere tedesco rimase affascinato dal cardinale italiano tanto che considerava Martini un cardinale seriamente papabile e uno dei pastori più consapevoli e attrezzati per affrontarne l'enorme portata.[29]
Massimo propulsore dell'ecumenismo tra le varie Chiese e confessioni cristiane da parte cattolica, sollecitò a Milano la fondazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese Cristiane. Al contempo promosse in maniera coraggiosa rispetto al magistero della Chiesa cattolica il dialogo tra cristianesimo ed ebraismo, segnando in materia una svolta non solo a Milano e in Italia, ma in Europa e in Occidente; in questo campo trovò la piena collaborazione e adesione da parte di intellettuali come Paolo De Benedetti e il rabbino capo di Milano, Giuseppe Laras.
Verso il 2000
«Liturgia e vita spirituale, catechesi ed evangelizzazione, dialogo e servizio della carità dovranno conoscere nell'anno giubilare un nuovo slancio, motivato dal rinnovato incontro con la bellezza di Dio, sperimentato in questa sorta di Tabor del cammino del tempo che è l'anno 2000.»
(Lettera pastorale Quale bellezza salverà il mondo?[31])
Nel 1997 presiedette le celebrazioni del sedicesimo centenario della morte di Sant'Ambrogio, patrono dell'arcidiocesi di Milano. Nell'ottobre del 1999 partecipò come membro alla II assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei vescovi. Proprio a questo sinodo evocò "il sogno di una Chiesa giovane" e propose la creazione di un nuovo concilio per discutere sui problemi più spinosi, tra cui la posizione delle donne nella società e nella Chiesa, la questione della sessualità e la partecipazione dei laici nella disciplina cattolica del matrimonio.[32]
Sempre nel 2000 nacque il Natale degli Sportivi, un tradizionale appuntamento fortemente voluto da Martini, che a ogni vigilia di Natale riunisce attorno all'arcivescovo l'intero mondo sportivo diocesano, professionistico e non.
«Ora forse vi chiederete che cosa mi appresto a fare dopo aver compiuto i 75 anni e aver esercitato il ministero di vescovo per ventidue anni e sette mesi, che è quasi identicamente il tempo in cui servì questa Chiesa il mio grande predecessore Sant'Ambrogio, alla cui ombra vorrei collocarmi come ultimo dei suoi discepoli. Ciò che mi preparo a fare vorrei esprimerlo con due parole: una che indica novità e un'altra che indica continuità.»
(Carlo Maria Martini)
L'11 luglio 2002 vennero accettate dal papa le dimissioni per sopraggiunti limiti di età, presentate secondo il canone 401 § 1 del Codice di diritto canonico al compimento dei 75 anni. Sulla cattedra dei Santi Ambrogio e Carlo, diventato arcivescovo emerito, gli succedette il cardinaleDionigi Tettamanzi, fino ad allora arcivescovo metropolita di Genova.[34] Rimase amministratore apostolico dell'arcidiocesi fino alla presa di possesso del successore,[35] avvenuta per procura il 14 settembre seguente.
Nello stesso anno fu insignito, nella cerimonia per la consegna dell'Ambrogino d'oro, della Grande Medaglia d'oro del comune di Milano.[36][37]
Il periodo a Gerusalemme
Dal 2002 al 2007 il cardinale Martini visse prevalentemente a Gerusalemme, dove riprese gli studi biblici: a 75 anni ritradusse il papiro Bodmer, uno dei più antichi manoscritti biblici a noi pervenuti, contenente la Prima e la Seconda lettera di Pietro. Furono, poi, anni di preghiera intensa per la pace, nel periodo più duro della Seconda intifada.[38]
Il desiderio così forte di ritornare a Gerusalemme fu raccontato da Martini stesso in un'intervista concessa alla trasmissione Il mio Novecento della Rai, in cui disse di aver rischiato di venire letteralmente seppellito dalla Terra santa. Capitò ai pozzi di El Gib, reperti del tempo del Re Salomone, allora appena riscavati dagli archeologi.[8]
«La terra cominciò a franare e io mi sentii rotolare dentro il pozzo. Ebbi un pensiero molto chiaro: come è bello morire qui in Terra Santa. Mi diede una grande calma per cui, senza agitarmi, misi le mani dentro la terra e rimasi fermo sull'orlo, così potei essere salvato. Ne uscii quasi incolume e con l'idea che questa è la mia terra.»
In questi anni, ogni sera, dopo la messa che celebrava al Pontificio Istituto Biblico, la residenza dei gesuiti, incontrava personalmente molti pellegrini. Era solito passeggiare con il panama bianco e un bastone elegante nella città vecchia, tra la Porta di Damasco e quella di Jaffa, un itinerario che compiva spesso per recarsi dalla casa dei gesuiti biblisti al Santo Sepolcro.
In quanto cardinale elettore, partecipò al conclave del 2005 che elesse papa il cardinale Joseph Ratzinger, con il nome di Benedetto XVI. In tale occasione, venne indicato dai media come uno dei papabili, sostenuto dall'"ala progressista" del collegio cardinalizio.[39][40] Secondo un resoconto di quel conclave fornito da un cardinale anonimo e raccolto dal vaticanistaLucio Brunelli, il cardinal Martini tuttavia avrebbe ottenuto meno consensi del previsto e il duello sarebbe stato tra Ratzinger e l'argentino Jorge Mario Bergoglio.[41]
Per ricordare gli anni da lui trascorsi a Gerusalemme e per il suo impegno per il dialogo con il mondo ebraico, sulle sponde del lago di Tiberiade, è sorta una foresta a lui dedicata, inaugurata a giugno 2013.[42][43]
Il ritorno in Italia e la malattia
Rientrò in Italia definitivamente nel 2008 e si stabilì presso l'Aloisianum, la casa dei gesuiti a Gallarate dove aveva studiato da giovane.
Affetto per circa 16 anni dalla malattia di Parkinson,[44] che lo costrinse al silenzio e all'immobilità,[45] non tenne nascosto il suo stato di salute, ma, anzi, lo dichiarò apertamente e partecipò anche a convegni sulla malattia.[46] Negli ultimi anni le sue visite e i suoi impegni diminuirono per l'impossibilità di comunicare agevolmente: per parlare era infatti costretto a far ricorso a un piccolo amplificatore e all'aiuto dei collaboratori.
Nonostante la malattia non fece mai mancare i suoi interventi sui media toccando temi di attualità.[47] Dal 28 giugno 2009, infatti, curò con cadenza mensile una rubrica dedicata alla fede sul quotidiano italiano Corriere della Sera, rispondendo alle domande poste dai lettori.[48] Mantenne la rubrica fino al 24 giugno 2012.[49]
Morte
«Mi sono riappacificato col pensiero di dover morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle uscite di sicurezza. Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio.»
(Il cardinal Martini sulla morte)
Il 3 maggio 2012, l'amico rabbino Giuseppe Laras recatosi a salutare il cardinale, si congedò prendendogli tra le mani la testa e recitando in ebraico la benedizione sacerdotale;[50] al termine, Martini raccolse le forze e benedisse nello stesso modo il rabbino.[51] Il 2 giugno successivo poté incontrare papa Benedetto XVI, in visita a Milano a motivo del VII Incontro mondiale delle famiglie, per un breve colloquio in una saletta dell'arcivescovado.[52]
Da metà agosto 2012 non fu più in grado di deglutire i cibi, ma rifiutò sia il posizionamento di SNG che della PEG.[53] Il 30 agosto il cardinale Angelo Scola, suo successore all'arcidiocesi di Milano, rese pubblico l'aggravarsi delle condizioni di salute di Martini e invitò a pregare per lui.[54] La morte sopraggiunse l'indomani alle 15:45.[55]
Le due file di persone entranti in Duomo per rendergli omaggio
La salma, vestita con la casula bianca della messa di Resurrezione, con la croce pettorale, la mitria, il pastorale e il pallio, venne composta sabato 1º settembre sotto l'altare maggiore del duomo di Milano.[56] Oltre 200.000 persone, fino a lunedì pomeriggio, durante la camera ardente allestita in duomo e aperta giorno e notte, sfilarono davanti alla salma, formando due lunghe code inizianti da piazza della Scala.[57]
Alle esequie, celebrate il 3 settembre dall'arcivescovo di Milano Angelo Scola, presero parte 21.000 persone, tra le quali 12 cardinali, 38 vescovi, 1.200 sacerdoti, il presidente del Consiglio Mario Monti e numerose autorità civili.[58] Nel corso della celebrazione fu letto il messaggio di Benedetto XVI che ricordava l'amore per le Sacre Scritture e la disponibilità all'incontro con tutti.[59] Nello stesso giorno una cerimonia di rito ebraico fu organizzata dalla comunità ebraica di Milano.
Al termine dei funerali fu tumulato in duomo, come i suoi tre predecessori Carlo Borromeo, Alfredo Ildefonso Schuster e Giovanni Colombo, davanti all'altare del Crocifisso di San Carlo.[60][61] Perché il desiderio del cardinale Martini di essere sepolto in Terra santa trovasse in qualche modo effettiva realizzazione, in occasione del sigillo definitivo del sepolcro vi furono posti due sacchetti di terra di Eretz Yisrael, fatti giungere dal rabbino Giuseppe Laras e due pergamene, una in ebraico e una in latino.
Per disposizioni testamentarie, i diritti di autore furono ereditati dalla Compagnia di Gesù, gli oggetti personali dai congiunti e quelli legati all'episcopato lasciati al duomo di Milano.[62]
Il 2 novembre 2012 il nome di Martini fu iscritto al Famedio insieme a quelli dei "Grandi di Milano".[63]
In occasione del primo anniversario della morte, fu presentata a papa Francesco la neonata Fondazione Carlo Maria Martini.[64]
Il 21 febbraio 2016 la via dell'Arcivescovado a Milano diventò via Carlo Maria Martini.[65]
Il pensiero
Il pensiero del cardinale Martini fu sempre caratterizzato dal primato dato alla Parola di Dio, tanto nella sua dimensione contemplativa e orante quanto nella sua capacità di confrontarsi e dialogare con le esigenze e i problemi della vita quotidiana. Per questo, durante gli anni del suo mandato trattò a fondo anche i temi del lavoro, della giustizia, della solidarietà, della tolleranza. Fu uno dei principali sostenitori della necessità della Chiesa cattolica di dialogare con le altre religioni e con i non credenti.[66]
La situazione della Chiesa moderna
Nel libro Colloqui notturni a Gerusalemme, pubblicato nel 2009, affermò la necessità di una riforma della Chiesa:
«Un tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà ed umiltà. Una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo. Una Chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i 75 anni ho deciso di pregare per la Chiesa.[67]»
Inoltre, in una delle sue ultime interviste, l'8 agosto 2012,[68] Martini analizzò la situazione della Chiesa, affermando:
«La Chiesa è stanca, nell'Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi?»
«La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?»
Ricercò le motivazioni senza fuggirne, senza tirarsi indietro dalla sacra istituzione, trovando anche esempi e possibili rimedi contro tale affaticamento:
«Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. [...] Potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador.»
La posizione sull'omosessualità
Martini espresse più volte una posizione che secondo molti commentatori era di apertura verso il riconoscimento delle coppie omosessuali.[69][70][71] In particolare, in un confronto con Ignazio Marino affermò:
«Non è male che due omosessuali abbiano una certa stabilità di rapporto e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli. Non condivido le posizioni di chi, nella Chiesa, se la prende con le unioni civili.[72][73]»
«La coppia omosessuale, in quanto tale, non potrà mai essere equiparata in tutto al matrimonio e d'altra parte non credo che la coppia eterosessuale e il matrimonio debbano essere difesi o puntellati con mezzi straordinari.[74][75]»
Martini espresse altresì una valutazione problematica del rapporto di coppia fra persone dello stesso sesso,[76][77] prefigurando per loro, secondo la dottrina cattolica dalla quale non si discostò mai su questo tema, una semplice
«amicizia duratura e fedele tra due persone dello stesso sesso. L'amicizia è sempre stata tenuta in grande onore nel mondo antico, forse più di oggi, anche se essa era per lo più intesa nell'ambito di quel superamento della sfera puramente fisica di cui ho parlato sopra, per essere un'unione di menti e di cuori. Se viene intesa anche come donazione sessuale, non può allora, mi sembra, venire eretta a modello di vita come può esserlo una famiglia riuscita. Quest'ultima ha una grande e incontestata utilità sociale. Altri modelli di vita non lo possono essere alla stessa maniera e soprattutto non vanno esibiti in modo da offendere le convinzioni di molti.[74]»
Martini affermò anche che non osò mai pensare di porre in atto azioni di discriminazione delle coppie o delle persone omosessuali, o di chiedere allo Stato di fare altrettanto.[78] Tale posizione fu ribadita anche nel suo ultimo libro, Il vescovo:
«Stesso approccio, il vescovo di oggi deve avere per le persone omosessuali, per le quali, fermo restando che la Scrittura condanna tali comportamenti, occorre ascolto e comprensione, orientandosi verso una amicizia spirituale: lo Spirito Santo porterà consiglio, caso per caso, per ciò che è meglio per la persona che si ha davanti.»
In modo più esplicito, vengono riassunte le sue principali posizioni in tema di etica morale in uno dei suoi ultimi libri e raccolte di interviste:
«Critica l'Humanae Vitae di Paolo VI sulla contraccezione, enciclica scritta "in solitudine" dal papa e che proponeva indicazioni poco lungimiranti. "Questa solitudine decisionale a lungo termine non è stata una premessa positiva per trattare i temi della sessualità e della famiglia". Sarebbe opportuno, afferma, gettare "un nuovo sguardo" sull'argomento. La Bibbia, in definitiva, non condanna a priori né il sesso né l'omosessualità.
È la Chiesa, invece, che nella storia ha spesso dimostrato insensibilità nel giudizio della vita delle persone. Tra i miei conoscenti - ricorda ancora Martini - ci sono coppie omosessuali. Non mi è stato mai domandato né mi sarebbe venuto in mente di condannarli". Dunque la Chiesa, invece di educare il popolo di Dio alla libertà e alla "coscienza sensibile", ha preferito inculcare nel credente una dogmatica moralistica ed acritica.»
(Carlo Maria Martini, Georg Sporshill, Conversazioni notturne a Gerusalemme: Sul rischio della fede, trad. Pietro De Marco, Roma, 2008[79][80])
«Nel nostro mondo occidentale è assai difficile rendersi conto di quanto si soffra in certe nazioni. Avendole visitate personalmente, sono stato testimone di questa sofferenza, sopportata per lo più con grande dignità e quasi in silenzio.»
Il cardinale sembrò aprire alla possibilità dell'uso del profilattico per la limitazione della diffusione del virus:
«Bisogna fare di tutto per contrastare l'AIDS. Certamente l'uso del profilattico può costituire in certe situazioni un male minore. C'è poi la situazione particolare di sposi uno dei quali è affetto da AIDS. Costui è obbligato a proteggere l'altro partner e questi pure deve potersi proteggere.»
Tuttavia si interrogò più centralmente se fosse responsabile da parte dell'istituzione religiosa favorire tale metodologia in luogo di un comportamento più responsabile:
«La questione è se convenga che siano le autorità religiose a propagandare un tale mezzo di difesa, quasi ritenendo che gli altri mezzi moralmente sostenibili compresa l'astinenza vengano messi in secondo piano, mentre si rischia di promuovere un atteggiamento irresponsabile.»
Concluse che la valutazione di ogni caso locale permetterebbe una più efficace lotta alla sindrome, evitando un atteggiamento non responsabile.
«Credo che la prudenza e la considerazione delle diverse situazioni locali permetterà a ciascuno di contribuire efficacemente alla lotta contro l'AIDS senza con questo favorire i comportamenti non responsabili.»
Le posizioni sulla nascita e la fine della vita
Sull'aborto
Sulla questione dell'aborto manifestò comprensione per chi si decide a una scelta, che, tuttavia, Martini stentava ad approvare:[82]
«Ritengo che vada rispettata ogni persona che, magari dopo molta riflessione e sofferenza, in questi casi estremi segue la sua coscienza, anche se si decide per qualcosa che io non mi sento di approvare.»
Sull'eutanasia
Ignazio Marino, che discusse per lungo tempo di temi bioetici con Martini, scrive che il cardinale aveva trovato nella lettura del Qoelet indicazioni di riflessione su questi argomenti, affermando che il testo biblico invita ad accettare i limiti della nostra conoscenza, indica che «viviamo anche alla fine della vita» e quindi si ha diritto a rinunciare a cure valutate «sproporzionate, come la nutrizione artificiale».[83][84]
«Un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte. Come tale è inaccettabile. Diversamente va, invece, considerato il caso dell'accanimento terapeutico, ovvero dell'utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo.»
Martini ha sempre sollecitato l'elaborazione di una normativa che da una parte consentisse la possibilità del rifiuto delle cure e dall'altra proteggesse il medico da eventuali accuse, come quella di omicidio del consenziente o di aiuto al suicidio.[85] Nel suo scritto Così è vita, pubblicato su L'Espresso nell'aprile 2006, sostenne che l'eutanasia «non si può mai approvare». Aggiunse poi che:[86]
«Neppure io vorrei condannare le persone che compiono un simile gesto su richiesta di una persona ridotta agli estremi e per puro sentimento di altruismo. Tuttavia è importante distinguere bene gli atti che arrecano vita da quelli che arrecano morte. E questi ultimi non possono mai essere approvati. [...] La prosecuzione della vita umana fisica non è di per sé il principio primo e assoluto. Sopra di esso sta quello della dignità umana.»
«In mancanza di una famiglia composta da uomo e donna che abbiano saggezza e maturità, anche altre persone, al limite anche i single, potrebbero dar di fatto alcune garanzie essenziali. Non mi chiuderei perciò a una sola possibilità.»
Il celibato ecclesiastico
Nel marzo 2010, in tema alle vicende sulla pedofilia nella Chiesa cattolica, alcune agenzie e testate riportarono un suo pronunciamento favorevole al ripensamento dell'obbligo di celibato dei preti.[87] In un comunicato diffuso però dall'arcidiocesi di Milano, egli smentì queste dichiarazioni, spiegando che anzi ritenne «una forzatura coniugare l'obbligo del celibato per i preti con gli scandali di violenza e abusi a sfondo sessuale».[88]
Il rapporto con Joseph Ratzinger
Il biblista Carlo Maria Martini e l'allora cardinale teologoJoseph Ratzinger ebbero sempre rapporti cordiali. Martini, nello scritto con cui commentò l'elezione a pontefice di Ratzinger,[89] raccontò che conobbe l'opera del teologo tedesco nel periodo della contestazione, leggendo il suo saggio Introduzione al cristianesimo, che gli fece da guida nel raccogliere le idee nella confusione di quegli anni, trovandovi il tema dell'incredulo «forse è vero» che lo spinse anni dopo a creare la "Cattedra dei non credenti". Nello stesso periodo, a Monaco ne ascoltò una lezione in cui rimase colpito dall'audacia di mischiare in una lezione cattedratica riferimenti di vita concreta e realtà locale. Si conobbero personalmente a Roma nell'agosto 1978 quando, alla morte di papa Paolo VI, l'allora arcivescovo di Monaco e Frisinga trascorse nella Capitale le settimane del preconclave.
Il 29 luglio 2007, con l'articolo Amo il latino, però... pubblicato sulle pagine culturali del quotidiano Il Sole 24 ore criticò il motu proprioSummorum Pontificum di Benedetto XVI, che liberalizzava le celebrazioni liturgiche secondo i libri precedenti al Concilio Vaticano II. Nell'articolo, Martini affermava che non avrebbe ripreso a celebrare secondo tali libri. Parallelamente esprimeva il proprio rammarico per la decadenza dell'uso del latino nella Chiesa e ricordava la propria abitudine a celebrare in latino la liturgia riveduta a norma del Concilio Vaticano II nelle grandi solennità durante l'episcopato a Milano.[92][93][94]
Opere
Gli scritti di Martini sono numerosissimi: spaziano dalle ricerche biblico-esegetiche, alla pubblicazione di conferenze e relazioni a convegni, agli scritti pastorali, alla trascrizione di meditazioni tenute in occasione di ritiri ed esercizi spirituali.
È l'unico porporato italiano a cui è stato dedicato un Meridiano da parte della casa editrice Mondadori.
Il problema storico della Risurrezione negli studi recenti, Roma, Libreria Editrice dell'Universita Gregoriana, 1959.
Poesie, Milano, U. Mursia A.P.E. Coricelli, 1961.
Mauro Laconi, Il Vangelo di S. Giovanni. Problemi generali di introduzione e di teologia, Treviso, Editrice Trevigiana, 1962.
Piero Bonatti, Il messaggio della salvezza. Corso completo di studi biblici, in Introduzione generale, I, Torino-Leumann, Elle Di Ci, 1964.
Nereo Venturini (a cura di), Atti degli apostoli, Venezia, Missioni, 1965.
Il problema della recensionalità del codice B alla luce del papiro Bodmer XIV, Roma, Pontificio Istituto Biblico, 1966.
Gli esegeti del tempo di Galileo, in Nel quarto centenario della nascita di Galileo Galilei, Milano, Vita e Pensiero, 1966.
I Vangeli. Storia o leggenda?, Roma, AVE, 1968.
Se non vi manterrete fedeli non resterete salvi, in Il cristiano e la vita di fede, Roma, AVE, 1970.
Farsi prossimo. La carità, oggi nella nostra società e nella Chiesa, Milano, Centro Ambrosiano di Documentazione e Studi religiosi, 1975.
L'itinerario spirituale dei dodici nel Vangelo di Marco, Roma, Centrum Ignatianum Spiritualitatis, 1976.
Gli esercizi ignaziani alla luce di S. Giovanni, Roma, Centrum Ignatianum Spiritualitatis, 1976.
Gli esercizi ignaziani alla luce di S. Matteo, Cagliari, Società poligrafica sarda, 1977.
Gli esercizi spirituali di S. Ignazio alla luce di S. Luca, Roma, Stella matutina, 1977.
Secondo Mazzarello, Gabriele Orsini, Riflessioni pastorali sul giorno del Signore, Leumann, Elle Di Ci, 1977.
Vita di Mosè, vita di Gesù, esistenza pasquale, Roma, Centrum Ignatianum Spiritualitatis, 1979.
La dimensione contemplativa della vita. Lettera al clero e ai fedeli dell'Archidiocesi ambrosiana per l'anno pastorale 1980/81, Milano, Centro Ambrosiano documentazione e studi religiosi, 1980.
L'evangelizzatore in San Luca. Meditazioni, Milano, Ancora, 1980.
Il nostro cammino sacerdotale. Lettera dell'Arcivescovo al clero per il giovedì santo 1980. "Dalla coscienza battesimale alla coscienza presbiteriale", Milano, Centro ambrosiano di documentazione e studi religiosi, 1980.
La parola di Dio alle origini della Chiesa, Roma, Università Gregoriana Editrice, 1980.
Parola di Dio e vita quotidiana, Torino, Marietti, 1980, ISBN88-211-8509-5.
Il problema storico della risurrezione negli studi recenti, Roma, Libreria editrice dell'Università Gregoriana, 1980.
Il Vangelo secondo Giovanni nell'esperienza degli esercizi spirituali, Roma, Borla, 1980.
Il vangelo alle sorgenti. Meditando ad Assisi il Discorso della Montagna, Milano, Ancora, 1990, ISBN88-7610-332-5.
Samuele: profeta religioso e civile, Milano, Centro Ambrosiano - Edizioni Piemme, 1990, ISBN88-384-1517-X.
Il vino nuovo. Meditazioni per le famiglie, Casale Monferrato, Piemme, 1992, ISBN88-384-1772-5.
Il discorso della montagna. Meditazioni, Milano, Mondadori, 2006, ISBN88-04-56158-0.
Liberi di credere. I giovani verso una fede consapevole, Milano, In dialogo, 2009, ISBN978-88-8123-546-9.
Ferruccio Parazzoli, Marco Garzonio, Damiano Modena e Virginio Pontiggia (a cura di), Le ragioni del credere. Scritti e interventi, Milano, Mondadori, 2011, ISBN978-88-04-61127-1.
«Fin dall'inizio del suo ministero episcopale a Milano, il Cardinale Carlo Maria Martini ha riservato una notevole attenzione ai medici e alla medicina. Il Cardinal Martini vede l'esempio più autentico del medico in Gesù Cristo, che si accostava al malato con amore e compassione: guariva tutti. Il medico, per il Cardinal Martini, è un vero "sacerdote della vita" chiamato a coltivare anzitutto in se stesso un alto senso del valore dell'esistenza umana e della dignità di ogni persona. Il medico-sacerdote tende a guarire l'uomo perché sia restituito all'originale splendore della creazione. Egli si fa carico dell'uomo-persona. Se imita il Cristo Medico, ne rigenera il corpo, ma anche ne rassicura l'intelletto, ne illumina lo spirito.» — Università Vita-Salute San Raffaele, Milano 13 ottobre 2006[97][98]
«Per la qualità superiore della sua opera di studioso e dei suoi scritti pastorali, della sua solida e incessante guida nella Chiesa e la sua guida spirituale e preoccupazione per tutti i credenti e non credenti.» — Università cattolica di Terra Santa, Betlemme 24 giugno 2005[99]
^ Pietro Messa (a cura di), Noi e l'islam, su ilcattolico.it, 14 gennaio 2015. URL consultato il 25 aprile 2024.
^Quella cena col cardinale e Kohl, in Pierluigicastagnetti.it, 4 settembre 2012. URL consultato il 23 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 4 maggio 2016).
^ Georg Sporschill, S.J. e Federica Radice Fossati Confalonieri, «Chiesa indietro di 200 anni », su Corriere della Sera, 1º settembre 2012. URL consultato l'8 gennaio 2024.
^Il Cardinal Martini: io e i gay, su espresso.repubblica.it. URL consultato l'8 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 22 giugno 2013).
^ Roberto Russo, Carlo Maria Martini apre alle coppie gay, su Queerblog, 23 marzo 2012. URL consultato l'8 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 26 settembre 2020).
«"Gli uomini si allontanano dai [...] dieci comandamenti e si costruiscono una propria religione; questo rischio esiste anche per noi. Non puoi rendere Dio cattolico. Dio è al di là dei limiti e delle definizioni che noi stabiliamo. Nella vita ne abbiamo bisogno, è ovvio, ma non dobbiamo confonderli con Dio"»