Regnò come Imperatore Carlo I d'Austria, re Carlo IV d'Ungheria, Croazia, Slavonia e Dalmazia e re Carlo III di Boemia. Beatificato da papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 2004, la sua memoria liturgica ricorre il 21 ottobre.[2]
Nel 1889 l'arciduca Rodolfo morì suicida a Mayerling e il piccolo Carlo passò al quarto posto; nel 1896 suo nonno morì e Carlo salì al terzo posto; nel 1906 la morte del padre lo rese secondo, dopo suo zio Francesco Ferdinando. Nel 1911 sposò la principessa italiana Zita di Borbone-Parma, figlia dell'ultimo Duca di Parma, Roberto, con la quale ebbe otto figli[3]. Dal 1912 al 1914 fu a capo del 39º reggimento a Vienna.[3]
Erede al trono
Il 28 giugno 1914 Carlo divenne erede al trono in seguito all'assassinio dello zio Francesco Ferdinando d'Austria-Este; successivamente assunse, su disposizione dell'imperatore Francesco Giuseppe, l'eredità e le pretensioni austro-estensi, in capo fino a quel momento a Francesco Ferdinando, diventando pertanto pretendente al titolo di Duca di Modena e Reggio. Per Carlo, che all'epoca aveva solo 27 anni, fu un colpo terribile perché non si aspettava di diventare erede al trono così bruscamente e così presto: fra lui e il trono, occupato dall'ottantaquattrenne prozio Francesco Giuseppe, vi era lo zio Francesco Ferdinando che, oltre a essere relativamente giovane (aveva 51 anni), godeva anche di un'ottima salute.
Ascesa
Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale fu inviato su ordine di Francesco Giuseppe al Comando Supremo (Armeeoberkommando) delle forze armate dell'Impero austro-ungarico, situato a Przemyśl. Non ebbe però influenza sulle decisioni strategiche del comando. Partecipò poi alle prime operazioni presso Leopoli sul Fronte Orientale. In seguito si trasferì con il Comando Supremo a Teschen e incominciò a visitare in nome dell'Imperatore le truppe al fronte. Nel luglio 1915 fu promosso a maggior generale e nel marzo 1916 a Feldmarschallleutnant. All'inizio dell'Offensiva di primavera sul Fronte Italiano fu messo a capo del XX Corpo d'Armata austro-ungarico con il quale partecipò solo nominalmente all'offensiva.[3] Aveva come zone d’operazione i territori che andavano dall'Altipiano dei Fiorentini al fondovalle di Arsiero con obiettivo il piano di Thiene. Nell'estate 1916 fu assegnato, nel frattempo promosso a Generale di Cavalleria, al neo costituito Gruppo d'Esercito Arciduca Carlo (Heeresgruppe Erzherzog Carl) sul Fronte Romeno. Il 1º novembre fu infine promosso a Generaloberst e a Großadmiral.[4][5]
Carlo fu incoronato Imperatore alla morte del prozio Francesco Giuseppe avvenuta il 21 novembre 1916. Nel 1917 avviò una serie di trattative segrete di pace tramite Sisto di Borbone-Parma, fratello della moglie Zita; anche se il Ministro degli esteri Graf Czernin era interessato a negoziare una pace generale, l'imperatore Carlo I, tradendo l'alleanza con la Germania, propose una pace separata. Quando la notizia trapelò, nell'aprile del 1918, Carlo I negò qualunque coinvolgimento, ma venne smentito dal Presidente del Consiglio francese Georges Clemenceau, che rese pubblica la lettera di richiesta di accordi separati firmata dall'imperatore austriaco. Durante il conflitto veniva descritto dai giornalisti come un soggetto da screditare e anche i capi di Stato degli altri paesi europei lo umiliarono, giudicandolo incapace di portare avanti una guerra.[6]
Fine del primo conflitto mondiale
L'Impero austro-ungarico negli ultimi anni di guerra era devastato dai disordini interni, con fortissime tensioni tra i diversi gruppi etnici. Il Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson nei suoi Quattordici punti chiese che l'Impero permettesse di scegliere ai popoli di autodeterminarsi. In risposta a questa richiesta, Carlo I accettava di riconvocare il Parlamento Imperiale e permettere la creazione di una confederazione rappresentativa di ogni gruppo nazionale. Tuttavia, nessuno dei gruppi etnici accettava una simile prospettiva, combattendo per la piena autonomia come nazioni e determinati a diventare indipendenti da Vienna il più presto possibile.
Il Ministro degli esteri barone Istvan Burián, subentrato a Czernin, chiese l'armistizio il 14 ottobre sulla base dei quattordici punti di Wilson, e due giorni dopo Carlo I emise un proclama che cambiava radicalmente la natura dello Stato austriaco. Ai polacchi veniva concessa piena indipendenza con lo scopo di unirsi ai loro fratelli etnici della Russia e della Germania in uno Stato unico polacco. Il resto delle terre austriache venivano trasformate in una unione federale composta da quattro gruppi nazionali: tedesco, ceco, jugoslavo e ucraino. Ognuna delle quattro parti doveva essere governata da un consiglio federale, mentre Trieste era invece destinata ad avere uno statuto speciale.
Tuttavia, il Segretario di Stato degli Stati UnitiRobert Lansing rispose quattro giorni dopo che gli Alleati erano impegnati per le cause della nazione dei cechi, degli slovacchi e degli slavi del Sud e pertanto la soluzione tardiva di una nazione federale non era più sufficiente. Infatti un governo provvisorio cecoslovacco si era unito agli Alleati già il 14 ottobre, e il Consiglio Nazionale degli Jugoslavi dichiarò l'indipendenza dello Stato degli Sloveni, Croati e Serbi il 29 ottobre 1918. Il 3 novembre l'Austria firmò l'armistizio con l'Italia, uscendo ufficialmente dal conflitto; l'11 novembre 1918, il giorno in cui la guerra finì anche per l'Impero germanico, fu presentato a Carlo I la dichiarazione di rinuncia al potere da parte dell'Assemblea Nazionale Provvisoria. Spinto dal Primo Ministro Heinrich Lammasch, firmò e sciolse l'ultimo governo k.k. guidato proprio da Lammasch, siglando così dopo oltre 600 anni la fine del dominio asburgico in Austria.[7][8]
Rinuncia al potere
Il 12 novembre fu costituito il nuovo governo della Repubblica dell'Austria tedesca. Il 13 novembre Carlo I, ritiratosi nel frattempo con la famiglia al Castello di Eckartsau, firmò una simile rinuncia al potere anche per l'Ungheria. Con le due dichiarazioni rinunciò al potere ma non al trono, perché "Dio stesso gli aveva assegnato il trono in sacra fiducia", posizione fortemente condivisa dalla moglie Zita. Nei mesi seguenti continuò a rifiutare l'abdicazione al trono, diventando così persona non grata dal giovane governo repubblicano.[9] Il 23 marzo 1919 Carlo e la famiglia imperiale, anticipando il loro internamento da parte del governo, fuggirono sotto protezione inglese in direzione della Svizzera. Fu re Giorgio V a ordinare la protezione della famiglia reale, in quanto voleva evitare un altro bagno di sangue come quello avvenuto l'anno prima a Ekaterinburg ai danni della famiglia imperiale russa.[10] Prima di trovare esilio in Svizzera, Carlo firmò a Feldkirch un manifesto, il cosiddetto Feldkircher Manifest, con cui revocava la sua dichiarazione di rinuncia firmata l'11 novembre 1918.[8]
Il 31 dicembre 1918, dopo aver perso tutto, non volle mancare al Te Deum a Vienna per ringraziare Dio del dono della pace per il suo popolo.[11]
Il 3 aprile 1919 il governo repubblicano austriaco decise di promulgare la cosiddetta Legge Asburgica (Habsburgergesetz), che decretò la deposizione ufficiale di Carlo I dal trono, l'esilio perpetuo di tutti i membri della famiglia Asburgo-Lorena che non avessero rinunciato al potere e non avessero accettato la repubblica. Inoltre fu decretata la confisca dei loro beni.[7]
Un anno dopo Carlo I tentò due volte di riprendere il trono d'Ungheria. Il primo tentativo ebbe luogo nel marzo del 1921 e si spense sul nascere su consiglio dell'ammiraglio Miklós Horthy, che riuscì a convincere l'ex regnante del profondo odio verso il casato degli Asburgo che serpeggiava tra la popolazione ungherese; il secondo tentativo di Carlo I avvenne a ottobre dello stesso anno, nonostante il parere contrario dei suoi consiglieri. L'imperatore deposto venne fatto arrestare dallo stesso Horthy e deportato all'isola di Madera.[12][13]
Esilio e morte
Dopo il secondo fallito tentativo di restaurazione in Ungheria, Carlo e la moglie Zita in stato di gravidanza furono detenuti alcuni giorni nell'Abbazia di Tihany. Il 1º novembre del 1921 furono condotti presso la città portuale di Baja, da dove furono imbarcati a bordo del monitore britannico HMS Glowworm e trasportati fino alle coste del mar Nero, dove vennero trasferiti sull'incrociatore leggero HMS Cardiff.
La loro meta finale era l'isola portoghese di Madera, dove arrivarono il 19 novembre 1921. Al fine di evitare che un terzo tentativo di restaurazione potesse essere messo in atto, il Consiglio delle Potenze Alleate aveva ritenuto l'isola il luogo detentivo migliore. Inizialmente la coppia e i loro figli vissero nella cittadina di Funchal a Villa Vittoria, accanto al Reid Hotel, da cui in seguito si trasferirono nella località di Quinta do Monte.
Carlo non lasciò mai Madera. Il 9 marzo del 1922, durante una passeggiata, prese freddo e la bronchite che contrasse venne da lui trascurata, trasformandosi in una polmonite. Subì in seguito due attacchi cardiaci e morì per insufficienza respiratoria il 1º aprile, alla presenza di sua moglie e del primogenito Ottone, rimanendo cosciente quasi fino ai suoi ultimi momenti. Aveva solo 34 anni. Le sue spoglie sono ancora sepolte sull'isola, nella Chiesa della Madonna del Monte, nonostante i vari tentativi di spostarle nella cripta degli Asburgo a Vienna. Il suo cuore e quello della moglie sono invece sepolti nell'abbazia di Muri in Svizzera.
Da ricerche effettuate nei Royal Archives sulla sua corrispondenza con Giorgio V, emerse che il re inglese si prodigò per evitare una seconda strage dei Romanov dopo la perdita del potere di Carlo d'Asburgo.[11]
Beatificazione
La campagna per la canonizzazione di Carlo d'Asburgo ebbe inizio nel 1949 quando si iniziarono a raccogliere delle testimonianze della sua santità nell'arcidiocesi di Vienna. Nel 1954 venne aperto il processo canonico e l'ex imperatore venne proclamato servo di Dio. Nel 1972 la sua tomba venne aperta e il suo corpo venne trovato incorrotto, fatto che spinse ulteriormente nel riconoscimento delle sue virtù cristiane.
Per promuovere la sua canonizzazione e per raccogliere testimonianze in merito, venne aperto anche un sito internet negli anni 2000 e il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, si fece promotore in prima persona di questa causa.
Il 14 aprile 2003, a Carlo d'Asburgo vennero riconosciute virtù eroiche per un cristiano e gli venne concesso il titolo di venerabile.
Il 21 dicembre 2003 la Chiesa cattolica riconobbe l'inspiegabilità di un miracolo accaduto a una suora brasiliana malata di una particolare forma debilitante di vene varicose, la quale venne improvvisamente guarita completamente e senza l'intervento dei medici pregando per la beatificazione di Carlo d'Asburgo.
Il 3 ottobre 2004 è stato beatificato da papa Giovanni Paolo II. Durante la cerimonia di beatificazione il pontefice disse che la principale preoccupazione di Carlo era stata quella «di seguire la vocazione del cristiano alla santità anche nella sua azione politica», in particolare nella qualità di promulgatore dell'assistenza sociale, e per questo avrebbe dovuto essere «un esempio per noi tutti, soprattutto per quelli che oggi hanno in Europa la responsabilità politica!»[14]
Inoltre nell'occasione venne ricordata la strenua fede cattolica di cui l'imperatore si fece praticante in prima persona tanto da voler presenziare al Te Deum del Capodanno 1919. Alla domanda del perché voleva ringraziare il Signore nell'anno della sconfitta e nell'anno in cui perse tutto, Carlo rispose che «...l'importante è che i popoli abbiano ritrovato la pace...» e per questo bisognava ringraziare Dio[15][16]. Queste parole lo ponevano chiaramente in linea con quanto auspicato da papa Benedetto XV per la fine del primo conflitto mondiale e per l'idea di una pace universale dopo tanta distruzione. Fin dalla sua ascesa al trono del resto Carlo d'Asburgo aveva dimostrato non solo un'assoluta fiducia nel disegno universale di Dio per gli uomini, ma anche l'accettazione della Corona come un dovere verso Dio e verso il suo popolo.
Contestazioni sulla beatificazione
Si sono avute numerose contestazioni e proteste su scala mondiale circa la beatificazione di Carlo I. Il dibattito è aperto sull'opportunità di beatificare un personaggio la cui figura è legata ai sanguinosi eventi della prima guerra mondiale, all'uso delle armi chimiche e alla dinastia degli Asburgo, che diedero inizio al conflitto che provocò la dissoluzione di uno degl'imperi più importanti della storia europea. Fra le ragioni della beatificazione, contestatissima è stata l'affermazione secondo cui Carlo I si fece promotore dell'iniziativa di pace di papa Benedetto XV, che definì il 1º agosto 1917 la guerra "inutile strage": storicamente, il 29 dello stesso mese, l'imperatore austriaco firmava infatti l'approvazione al generale Arthur Arz von Straussenburg per un attacco di sfondamento delle linee italiane tramite gas asfissianti, in quella che sarà denominata "battaglia di Caporetto".
Queste polemiche e il dibattito che si è acceso in Austria in seguito alla decisione del Vaticano hanno imperversato per mesi sulla stampa. Alfred Worm, considerato uno dei giornalisti austriaci più importanti del XX secolo, riferendosi all'unico miracolo di Carlo I accettato dal Vaticano ("la guarigione delle vene varicose di una suora in Sudamerica") ha definito la beatificazione di Carlo «una presa per i fondelli dei fedeli. Centinaia di migliaia di persone sono morte come martiri nei campi di concentramento. Loro non vengono fatti santi. La lobby dei monarchici ce la fa con le vene varicose. E l'Austria ufficiale applaude. Penoso».[17]
È stato inoltre evidenziato l'eccessivo costo dei procedimenti di beatificazione, tra cui quello di Carlo.[18][19]
^Gianluigi Nuzzi, Via Crucis. Da registrazioni e documenti inediti la difficile lotta di Papa Francesco per cambiare la Chiesa, Chiarelettere editore, 2015.
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