Papiro recante alcune liriche d’amore note come Canti del boschetto sul recto e alcuni testi amministrativi sul verso, cat. 1966, Museo Egizio di Torino.
Il testo narra di una conversazione che si tiene fra tre alberi di un giardino ricco di vegetazione, un melograno, un fico e un sicomoro.[2] Essi parlano della vita amorosa della loro padrona, una giovane fanciulla che intrattiene incontri amorosi col suo amato all'ombra dei loro rami. I primi due si lamentano perché ritengono di non essere trattati bene mentre il sicomoro è di altro parere.
Testo
I tre alberi discutono fra loro, dice il melograno: «..........I miei chicchi sono come i suoi denti, / i miei frutti sono come i suoi seni, / sono l'albero più bello del giardino, / perché rimango in ogni stagione. / Ciò che fanno, l'amata con il suo amato, / è nascosto dai miei rami, / quando sono ebbri di vino e mosto, / profumati d'olio e d'essenze profumate...Sono il primo albero del giardino, / ma sono trattato come secondo...se di nuovo si agirà così, non tacerò più per essi. / Cesserò di nasconderli, e si vedrà l'inganno. / Allora l'amata sarà punita, / non offrirà più al suo amato il bastone adorno di loti bianchi e blu, / di fiori e di boccioli, e unguento e profumi costosi d'ogni tipo, dicendo: / “Ti fa passare un giorno felice, / una capanna di rami è un luogo ben custodito.”........“Ecco, il melograno ha ragione, vieni, trattiamolo gentilmente, / che lasci passare tutto il giorno sotto l'albero che ci nasconde.”...»[1].
Anche Il fico si lamenta e dice: «...Sono contento di compiere il comando della mia signora. / C'è donna simile a lei? / Se non ci fossero serve, sarei io suo schiavo. / Fui portato all'amata dalla Siria, come prigioniero di guerra. / M'ha fatto piantare nel suo giardino; / ma non mi versa acqua, / al momento di bere, non riempie il mio corpo con l'acqua dell'otre / Si è scoperto forse che mi fa piacere non bere? / Com'è vero che vivo, o amata, mi sia portata acqua!...»[1].
Ma il giovane sicomoro, sempre grato alla sua signora per averlo piantato con le sue stesse mani, dice invece: «.... Vieni a passare un momento coi giovani, / la campagna festeggia il suo giorno; / sono a tua disposizione il chiosco del giardino e il padiglione; / ....Vieni, passa questa giornata felicemente, / e domani, e dopodomani, tre giorni, seduta alla mia ombra /....Il suo amico si troverà alla sua destra, / la farà bere, come lui dice, / mentre il simposio si turba in ebbrezza, / ed essa resterà in disparte con il suo amato. / Passeggerà sotto di me, l'amata, nel suo errare. / Io sono discreto, / non dirò ciò che vedo e non ne parlerò! ...»[1].
Simbologia
Ogni pianta della canzone ha una valenza spirituale ben precisa:
il melograno era sacro ad Osiride, dio degli inferi e della fertilità[3], veniva utilizzato nelle cerimonie funerarie. Pianta spesso dipinta nelle tombe dal Nuovo Regno in poi.
Il fico era l'albero sacro ad Iside, dea della fertilità, dell'agricoltura e dell'occulto[4].
Il sicomoro era l'albero sacro alla dea Hathor detta la "Signora del sicomoro”; chiamato "l'albero dell'eternità" o anche “l'albero dei faraoni”[5] perché col suo legno venivano fabbricati i sarcofagi.
Note
^abcdPaolo Bondielli, 2019, “Il museo egizio di Torino e gli innamorati”, “Mediterraneo Antico”. Museo Egizio di Torino.
^ Joseph Kaster, La saggezza dell'antico Egitto. Miti e credenze, profezie e incantesimi, magia e saggezza, sogno e realtà del tempo dei faraoni, Roma, 1998.