Il canale dei molini di Imola[1] è un'opera idraulica lunga 42 km che attraversa tutta la pianura imolese, in direzione sud-nord, fino a confluire nel fiume Reno.
Realizzato nel Medioevo dai benedettini del monastero di Santa Maria in Regola, utilizzando in parte il tracciato di un precedente canale romano, il canale artificiale attraversa gli abitati di Bubano, Massa Lombarda, Conselice e Lavezzola.
Costruito per l'alimentazione dei mulini e l'irrigazione dei campi, il canale dei Molini è la più antica opera pubblica esistente sul territorio imolese operativa ininterrottamente dalla fondazione. Oggi ha una funzione prevalentemente irrigua.
Ingegneria
La chiusa
Il canale dei Molini attinge l'acqua dal fiume Santerno nelle colline sopra Imola, in territorio di Codrignano (6 km circa dall'abitato).
L'opera viene citata per la prima volta in un rogito notarile del 1258. Nel Medioevo l'acqua del fiume era convogliata nel canale artificiale per mezzo di arginelli di sassi. Nell'800 fu deciso di costruire una diga sul fiume. La prima, costruita nel 1852, ebbe vita breve, poiché fu travolta da una piena sette anni dopo. Nel 1860 ne venne costruita una più solida, che resse per 90 anni (crollò in seguito a una piena eccezionale del Santerno nel 1951). La chiusa attuale è stata costruita nel 1954 nei pressi della frazione Codrignano.
Il tracciato
Quando il canale raggiunge la città, si sdoppia in due rami che circondano completamente l'abitato. Il tratto urbano del canale è quasi del tutto interrato, ma alcuni brevi tratti sono ancora visibili. Appena fuori dell'abitato, si riunisce in un unico corso e riappare a cielo aperto al fianco della via provinciale Selice. Segue parallelamente il percorso della Selice per poi deviare ad est all'altezza di Bubano. Affiancata Bubano, il tracciato riprende la sua corsa verso nord. Dopo 4 km costeggia Massa Lombarda. Qui una parte delle acque sono deviate verso est, dove dopo pochi km ritornano nel fiume Santerno (al «passo Regina»).
L'altro ramo del canale prosegue verso nord costeggiando sempre la via Selice. Lambisce, in successione, San Patrizio, Conselice e Lavezzola. In questo secondo tratto il suo alveo è sopraelevato rispetto alla campagna circostante. A causa dell'alveo sopraelevato furono sempre necessari i lavori di manutenzione poiché ogni fuoriuscita dell'acqua avrebbe messo fuori uso la strada. Originariamente, il canale si gettava nel fiume Reno[2]. Dal XIX secolo il canale termina il suo corso più ad est, nei pressi del ponte detto “della Bastia”.
Oggi il canale porta acqua solo fino a Massa Lombarda. Il ramo principale attraversa il paese, mentre un secondo ramo si stacca dal corso principale prima dell'abitato e ritorna nel Santerno. È rimasto intatto il grande lavatoio dove in passato le massaie venivano a lavare i panni. Oggi il luogo, molto suggestivo, viene utilizzato per spettacoli serali, performance teatrali e letture pubbliche. Nel tratto da Massa Lombarda a Lavezzola non scorre più acqua dagli anni novanta del XX secolo.
Degli oltre venti mulini complessivamente attivi fino al Novecento, ne è rimasto tuttora funzionante soltanto uno, a Case Volta.
Bastia (nei pressi del punto in cui il canale confluisce nel Reno)[9]
Storia
L'antica via d'acqua che collegava Imola alla Valle Padusa
Gli storici ritengono che, in tempi antichi, i romani avessero costruito un canale artificiale a fianco del kardo che collegava Forum Cornelii al porto lagunare posto sul limitare della valle Padusa.
Il canale, che seguiva un tracciato rettilineo di circa 12 miglia (25 km), fu probabilmente utilizzato come via d'acqua di collegamento tra Forum Cornelii ed il porto e favorì sicuramente la fondazione di un centro abitato attorno allo scalo, l'odierna Conselice[2].
Ancora nella tarda antichità, il canale fungeva da idrovia per il trasporto delle merci: lo solcavano piccole imbarcazioni che portavano grano e cereali destinati all'esportazione, in cambio di stoffe e spezie.
Da Imola verso la Valle il trasporto era favorito dalla corrente; nel percorso inverso le merci dovevano essere trainate dagli animali da soma, i quali procedevano lungo gli argini [2]. L'opera serviva anche per alimentare le acque del fossato a protezione delle mura di Imola.
Il Canale dei molini
La costruzione dell'attuale infrastruttura è dovuta a un progetto dei monaci di Santa Maria in Regola volto a risanare il territorio che era stato abbandonato dopo le devastazioni e le guerre dei secc. VI e VII. Furono recuperati anche i tratti del canale romano all'epoca esistenti.
A partire dal XII secolo, lungo il suo corso furono installati i mulini che poi gli diedero il nome. Con l'impianto dei primi mulini, all'altezza di Case Volta fu realizzata una deviazione verso est, allo scopo di costruire due nuovi mulini in direzione Bubano. Originariamente di proprietà del vescovo di Imola, nel 1271 il controllo del canale passò ai proprietari dei mulini.
Con la venuta degli Estensi in Romagna (dal 1440 al 1598), il percorso del canale cambiò nuovamente. Fu realizzato il proseguimento verso nord per raggiungere i centri abitati della Romagna estense: Massa Lombarda, San Patrizio e Conselice. Il controllo delle acque di questo nuovo tratto fu affidato alla comunità di Massa Lombarda[11]. Tali centri entrarono in conflitto con Imola per il controllo della via d'acqua. Ciò fu determinato anche da fattori stagionali: in estate Imola sospendeva l'afflusso d'acqua. Ma così i contadini di Massa e Conselice non potevano irrigare. D'inverno invece l'acqua scorreva senza freni fino a Bubano: si lasciava che le acque esondassero ed allagassero la campagna massese. I cittadini di Massa Lombarda protestarono, ma inutilmente.
Si arrivò all'uso della forza. Durante l'inverno del 1592[12], i massesi bloccarono il canale subito dopo l'abitato di Bubano. Di conseguenza le acque si riversarono nelle campagne imolesi allagandole completamente. La risposta d'Imola non si fece attendere: appena venne la bella stagione fu realizzata una diversione del canale a settentrione di Bubano, al confine con Massa Lombarda (la zona delle Vallette, cioè delle terre allagate), facendo defluire le acque direttamente nel fiume Santerno. I massesi assassinarono il capomastro direttore dei lavori, il conte Orazio della Bordella (1593)[12]. Solamente dopo questo fatto di sangue si giunse ad un accordo: prima della diversione di 2,2 km verso il Santerno (che fu portata a termine nonostante l'omicidio) venne realizzata una chiusa . Tale chiusa, tuttora esistente, è chiamata “delle Vallette” (1603). Essa serve a regolamentare l'afflusso delle acque: a) del Canale dei molini nel suo tratto verso Massa Lombarda (e Conselice); b) del "diversivo" che riporta le acque eccedenti verso il Santerno[13]. Un canale artificiale già esistente, lo Scolo Zaniolo, che nasceva a San Prospero (poco a sud di Mordano) fu unito al canale massese detto Sgorba Vecchia (1604). Al nuovo Zaniolo fu affidato il compito di deviare fuori Massa Lombarda le acque eccedenti provenienti dall'imolese[14].
Nei secoli successivi gli usi dell'acqua del canale vennero diversificati. Oltre all'irrigazione, l'acqua servì da supporto allo sviluppo dell'artigianato. I suoi utilizzi principali divennero:
molitura: lungo il suo corso vennero costruiti oltre venti mulini;
irrigazione: il territorio coltivato ad orto, che interessava una vasta area, era irrigato con l'acqua del canale. In più, nel tempo si erano estese le risaie; i brillatoi per la lavorazione del riso funzionavano ad acqua;
energia idraulica per varie lavorazioni manifatturiere: il primo stabilimento imolese di produzione delle ceramiche, in via Quaini, così come la fornace Gardelli, la più antica, beneficiarono della presa d'acqua per l'impasto del materiale;
lavatura dei panni nei lavatoi, sia pubblici e privati, di ospedali e conventi. Il più importante, tuttora esistente, si trova in viale Saffi. Era detto "sciacquatoio" ed è riportato anche nella mappa di Imola di Leonardo da Vinci;
scolatura ed espurgo delle immondizie: le concerie [15], le tintorie e il macello pubblico usufruirono di chiaviche lungo il canale per la pulizia dei locali.
Storicamente le congregazioni di gestione furono due: una a Imola e una a Massa Lombarda. La necessità di una razionalizzazione fece sì che nell'anno 1940 si unificassero nel "Consorzio utenti del Canale dei molini di Imola e Massa Lombarda"[16] (oggi "Consorzio degli utenti del canale dei Molini"). Nel 2010 fu celebrato il settantennale dello Statuto con la «Festa del Canale dei molini» a Imola. Da essa nacque, l'anno successivo, la prima edizione della rinnovata «Fiera agricola del Santerno», che l'amministrazione comunale ha collocato nell'ampia area di Sante Zennaro, dove si svolge tuttora.[13]
Oggi i maggiori introiti dell'infrastruttura provengono dall'uso acquedottistico[13]. Le acque del canale alimentano l'acquedotto industriale sito a Bubano e inoltre sono inviate nei comuni vicini (dove l'acqua viene potabilizzata grazie a un accordo con l'allora Ami, oggi Hera). Il volume di acqua interessato è di cinque milioni di metri cubi. Il canale inoltre viene utilizzato per irrigare le aziende agricole (quasi 300) nei comprensori di Imola e di Massa Lombarda. Gli argini del canale sono di proprietà degli agricoltori i cui fondi sono attraversati dalla via d'acqua. Nella seconda metà del XX secolo la portata d'acqua presso Imola era di 3.000 litri al secondo, scesa negli anni 2010 a 700-800 litri/secondo[17].
Infine, nella frazione Codrignano, in coincidenza con la presa del canale dei mulini dal fiume Santerno, è presente una piccola centrale idroelettrica, che sfrutta il salto d'acqua della diga per produrre energia pulita e rinnovabile.
Note
^Sono esistiti in Romagna i seguenti canali dei molini: di Imola; di Castel Bolognese; di Faenza («Naviglio Zanelli»); Schiavonia e di Ravaldino (Forlì); canale Doria (Meldola); di Cesena; fossa Viserba e fossa Pàtara (nel comune di Rimini); di Santarcangelo; di Misano; del Conca; di Valle (presso il Conca). Cfr. A. Missiroli, Il pane progettato. Mugnai e mulini idraulici in Romagna in «Romagna arte e storia», 72, 2004, pp. 38-43.
^abc Claudia PANCINO, Il canale dei molini da San Patrizio alla Bastia, in Romagnola Romandiola. Lungo la Selice. Territorio e Storia, Lugo, Università Popolare di Romagna, pp. 79-94.
^Detto anche «di Lone», il nome deriva da Porta d'Alone, la porta della città per chi veniva da Bologna.
^Alla fine degli anni Sessanta, quando si avviò la costruzione dell'autostrada A14, si diffuse la voce che il casello di Imola sarebbe stato costruito di fronte a questo mulino. Immediatamente fu acquistato e poi trasformato in albergo. Ancora oggi l'hotel Molino Rosso è una delle strutture ricettive più note della città.
^Non più funzionante ma così ben conservato che è stato dichiarato monumento nazionale.
^Oggi il canale dei Molini confluisce ancora nel Reno, ma senza l'apporto di acqua, che viene trattenuta a Massa Lombarda.
^Per la precisione, si legge «Porta Appia» e accanto compare la sigla "Mol.".
^A. F. Babini, Dalla Bastia del Zaniolo alla Bastia di Ca’ di Lugo, Lavezzola, Santerno, 1959, pag. 292.
^abMario Montanari, Dalle furibonde liti sull'acqua del canale con Imola, alla rivolta contro la tassa sul macinato..., in «Giornale di massa», maggio 2018, pag. 8.
^abc Marzio Giampieri, Canale dei mulini, patrimonio da (ri)scoprire, in Il Nuovo Diario-Messaggero, 19 luglio 2014.
^Salite e discese di pianura, dal Ponte dei Ladri alla "guerra" delle Vallette... in «Giornale di massa» n. 10, ottobre 2019, inserto speciale. Da allora lo Scolo Zaniolo si affianca al Canale dei molini in zona Vallette e prosegue il suo corso verso nord fino ad entrare nel territorio di Conselice.
^Dette anche callegherie, di esse è rimasta memoria in una strada del centro, Via Callegherie.
^Decreto ministeriale del 5 aprile 1940, n° 2254; modificato con D.M. del 26 aprile 1949, n° 5435.
^Stefano Salomoni, «Il Canale dei Mulini è una risorsa preziosa», ne «Il nuovo Diario-Messaggero», primo luglio 2021, p. 11.
Bibliografia
Liliana Vivoli, Il canale dei Molini dalle origini al 1955, University press, Bologna, 1996.