I Cadolingi furono una famiglia comitale feudale toscana, di probabile origine longobarda, attestati dalle fonti documentarie tra il 923 e il 1113.
Secondo alcuni storici deriverebbero da un singolo ceppo familiare comune con altre due famiglie comitali che ebbero ruolo importante nella storia toscana: i Della Gherardesca ed i Guidi (quelli che tentarono ai tempi di Matilde di Toscana con Guido Guerra I di elevarsi a dinastia ducale toscana)[1].
Parteciparono attivamente alle lotte religiose in Toscana. Inizialmente il loro appoggio andò al partito riformista sostenitore del papato, tanto che Lotario dei Cadolingi pose la Badia a Settimo quale centro della diffusione dei princìpi riformisti in Toscana.
In seguito si schierarono dalla parte di Ugo di Toscana, capo del partito filoimperiale.
La famiglia si estinse nel 1113 con Ugo detto Ugolino, la cui eredità confluì in vari altri casati, tra i quali quello degli Upezzinghi, gli Alberti e i Guidi.
Una tradizione storiograficaottocentesca, basata su un documento che si è rivelato successivamente un falso moderno,[2][3] fa risalire ai Cadolingi le origini dei Buonaparte.
^Luigi Passerini, Della origine della famiglia Bonaparte, in Arch. stor. ital., n.s., III (1856), pp. 29-65; IV (1857), pp. 43-83;
^ Hansmartin Schwarzmaier, Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 16, 1973.
«Ma la confusione più grande l'ha provocata lo studio del fiorentino Passerini, che nel 1856 fece risalire l'albero genealogico dell'allora regnante Napoleone III direttamente ai Cadolingi. La sua argomentazione, allora molto apprezzata, si basava su un documento (conservato nell'Archivio di Stato di Firenze), del 15 maggio 1235, redatto a Fucecchio, secondo il quale un certo Jamfaldus di Firenze avrebbe fatto, per sé e per la sua famiglia, una donazione all'ospedale di Rosaia. Come figlio di Jamfaldus viene nominato un "Willielmo qui nuncupatur Bonaparte", e come fondatore dell'ospedale il gran conte Ugo, un antenato (abavus) di Jamfaldo. Basandosi su questo documento il Passerini stabilì un legame tra la casa Bonaparte e i C. e pensò di poter risolvere anche gli altri problemi genealogici. Non sappiamo se il Passerini, che dirigeva la Biblioteca Magliabechiana di Firenze ed aveva una lunga esperienza di studio su manoscritti, non si sia accorto che il documento del 1235 era una grossolana falsificazione moderna, o se, contro ogni evidenza, egli volesse attenersi ad esso per rendere omaggio con la sua opera all'imperatore francese. In ogni caso la sua costruzione genealogica non regge ad un esame critico e lo studio degli avvenimenti relativi alla famiglia dei Cadolingi si deve limitare perciò ai due secoli compresi tra il 923 e il 1113, durante i quali furono una delle famiglie più potenti di Toscana»