CK Vulpeculae (anche Nova Vulpeculae 1670) è la più antica nova documentata in modo affidabile. È costituita da un oggetto centrale compatto circondato da una nebulosa bipolare.
I modelli suggeriscono che CK Vulpeculae potrebbe non essere una nova classica; piuttosto può essere classificata come una nova rossa luminosa che è il risultato di due stelle della sequenza principale che si scontrano e si fondono. Uno studio del 2018 sostiene che era probabilmente il risultato di un'insolita collisione di una nana bianca e una nana bruna.
Storia delle osservazioni
CK Vulpeculae fu scoperta il 20 giugno 1670 da Voituret Anthelme e indipendentemente il 25 luglio da Johannes Hevelius. Aveva una luminosità massima di magnitudine +3 circa al momento della sua scoperta, poi è sbiadita.
Un secondo picco di magnitudine +2,6 circa fu rilevato nel marzo del 1671, dopo di che Johannes Hevelius e Giovanni Cassini la osservarono per tutta la primavera e l'estate fino a quando non scomparve dalla vista ad occhio nudo, verso la fine di agosto del 1671.
Un ultimo picco di luminosità debolmente visibile al massimo di circa 5,5-6 di magnitudine fu osservato da Hevelius nel marzo 1672, poi svanì sul finire di maggio[6].
Questa è stata la prima nova per la quale ci sono osservazioni multiple e affidabili. La successiva nova ad essere documentata in modo esaustivo fu V841 Ophiuchi[6].
Identificazione
John Flamsteed, che stava elaborando il catalogo che porta il suo nome proprio in quel periodo, assegnò alla stella la designazione di Flamsteed11 Vulpeculae, che è stata in seguito notata da Francis Baily come una delle stelle perdute di Flamsteed, perché non è stata rilevabile per secoli[7].
Nel 1981, una fonte puntiforme vicino al centro di una piccola nebulosa fu identificata come CK Vulpeculae, con una magnitudine rossa stimata di 20,7[6][8]. Osservazioni successive misero in dubbio tale identificazione[9] ed è ora noto che si trattava di un oggetto di sfondo. Si ritiene che quell'oggetto e un'altra stella siano stati visti attraverso una densa nebulosa associata a CK Vulpeculae che ha fatto variare drasticamente la loro luminosità[3].
CK Vulpeculae ora consiste in un oggetto centrale compatto con gas che fuoriesce a circa 210 km/s in una nebulosa bipolare[3]. Una traccia di nebulosità di 15" vista negli anni '80 si trova al centro di una nebulosa bipolare di 70"[10]. Nella parte centrale di questa si vede una sorgente radio compatta e una puntiforme di infrarossi, ma non è stata rilevata a lunghezze d'onda ottiche[4]. La ionizzazione della nebulosa e la sua emissione radio indicano che la fonte centrale è ancora molto calda e relativamente luminosa[11].
È all'interno di una nuvola di polvere fredda (~15 K) o la nuvola si trova di fronte ad essa dalla prospettiva della Terra. Il gas molecolare nelle vicinanze è maggiormente ricco di azoto rispetto all'ossigeno.
Distanza
La distanza di CK Vulpecolae non può essere determinata con precisione. Ipotesi sulla sua massima luminosità possibile e la collocazione oltre la nebulosa nota forniscono una distanza di 550 ± 150 parsec (1 790 ± 490 anni luce)[6][4]. Le misurazioni dell'espansione della nebulosa presumibilmente prodotta nel 1670 forniscono una distanza di 700 ± 150 parsec (2 280 ± 490 anni luce). Esistono nuvole di gas a 500 pc (1 600 al) e 2 chiloparsec (6 500 anni luce), ma solo la prima viene rilevata nello spettro di CK Vulpeculae, ponendo forti vincoli sulla possibile distanza[3]. Osservazioni effettuate con il telescopio Gemini nord in banda infrarosso e divulgate a fine 2020 allocherebbero la nova ben più distante, a circa 10000 anni luce di distanza.[12]
Caratteristiche
La luminosità dell'oggetto centrale, stimata dall'emissione di infrarossi dalla polvere, è di circa 0,9 L⊙[4]. La luminosità richiesta per energizzare la nebulosità osservata è calcolata a 3 L⊙ da un oggetto a 60000K[3]. Al momento della sua eruzione, si calcola che la luminosità di CK Vulpeculae fosse almeno 24000L⊙. Linee di emissione ioniche note nello spettro e caratteristiche di assorbimento non identificate nell'infrarosso indicano una temperatura compresa tra 14 000 K e 100 000 K.
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^ Morton Wagman, Lost Stars, Blacksburg, Virginia, McDonald and Woodward, 2003, p. 494, ISBN978-0-939923-78-6.
^abcdShara, M. M.; Moffat, A. F. J.; Webbink, R. F. (July 1, 1985). "Unraveling the oldest and faintest recovered nova - CK Vulpeculae (1670)". Astrophysical Journal. 294: 271–285. Bibcode:1985ApJ...294..271S. doi:10.1086/163296.
^Shara, M. M.; Moffat, A. F. J. (July 1, 1982). "The recovery of CK Vulpeculae (Nova 1670) - The oldest 'old nova'". Astronomical Journal. 258 (Part 2 Letters to the Editor): L41–L44. Bibcode:1982ApJ...258L..41S. doi:10.1086/183826.
^Naylor, T.; Charles, P. A.; Mukai, K.; Evans, A. (1992). "An observational case against nova hibernation". Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. 258 (3): 449–456. Bibcode:1992MNRAS.258..449N. doi:10.1093/mnras/258.3.449.
^Hajduk, M; Zijlstra, Albert A; Van Hoof, P. A. M; Lopez, J. A; Drew, J. E; Evans, A; Eyres, S. P. S; Gesicki, K; Greimel, R; Kerber, F; Kimeswenger, S; Richer, M. G (2007). "The enigma of the oldest 'nova': The central star and nebula of CK Vul". Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. 378 (4): 1298–1308. arXiv:0709.3746. Bibcode:2007MNRAS.378.1298H. doi:10.1111/j.1365-2966.2007.11825.x.
^Eyres, Stewart; Evans, Aneurin; Zijlstra, Albert; Avison, Adam; Gehrz, Robert; Hajduk, Marcin; Starrfield, Sumner; Mohamed, Shazrene; Woodward, Charles; Wagner, R. Mark (16 September 2018). "ALMA reveals the aftermath of a white dwarf--brown dwarf merger in CK Vulpeculae". Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. 481 (4): 4931. arXiv:1809.05849. Bibcode:2018MNRAS.481.4931E. doi:10.1093/mnras/sty2554.