C'era una volta un merlo canterino (იყო შაშვი მგალობელი) è un film del 1970 diretto da Otar Ioseliani.
Trama
Il giovane Guia Agladze è il suonatore di timpano dell'orchestra sinfonica di Tbilisi. Spensierato e compagnone, è circondato da ragazze ma tanto svagato da giungere sempre in ritardo all'ultimo atto di "Daissi", uno spartito che lo chiama a suonare il suo strumento solo per poche battute nel finale. Nessuna delle persone che lo circonda riesce a riportarlo alle sue responsabilità. Un giorno, però, il destino è in agguato.
«un fascino folle. Sotto il suo sguardo, Tbilisi acquista delle sembianze napoletane. La grande mancanza di Guia è l'imprecisione. Non ha il senso del tempo. O, piuttosto, rifiuta di obbedire ai suoi ordini. Il tempo, per lui, non è una gabbia ma un tappeto volante.»
[3]C'era una volta un merlo canterino (è il titolo di una canzone popolare), è quindi anche,
«sull'altra faccia della medaglia, quella dell'eternità, si ha la descrizione in movimento di un carattere universale, degno di un ritratto di La Bruyère.»
«Niente di più mediterraneo di questo film sovietico. Vi si respira un profumo di nonchalance e d'insolenza a cui le opere del Mosfilm non ci avevano per niente abituati.»
[6]Parametro titolo vuoto o mancante (aiuto)[7], il film è, tuttavia, volontariamente ambiguo.
«Ioseliani ha distrutto il suo simpatico eroe per la chiarezza della conclusione: c'era una volta un merlo canterino. Svolazzante nella vita. Sembrava talentuoso, quasi indispensabile. E cos'ha creato, lasciato agli altri? (...) La morale è chiara. Il pendolo ci chiama a pensare non alla morte, ma alla vita, al suo significato, alla sua esigenza nei confronti di tutti.»
In uno scritto intitolato Le temps obsessionnel (Il tempo ossessivo), lo psicanalistaDaniel Sibony illustra una riflessione sul tempo che parte dal film di Otar Ioseliani.
«Un vecchio film illustra questa elusione del tempo da parte di un simpatico nevrotico. Si intitola C'era una volta un merlo canterino. Il giovane è seducente, perfino a sua insaputa, con quell'aria assente che lo fa correre qua e là. (...) Muore, ovviamente, in un incidente stradale. Il suo orologio, dopo lo choc, faceva il suo tic-tac di sempre, ma non avanzava più. La bacchetta che converte in movimento questa piccola agitazione si chiama, sembra, àncora di Scappamento. Lo scappamento era dunque morto, all'immagine del tempo che quest'uomo viveva (...)»
[9]Jean de Baroncelli ci offre, a proposito di questa scena tragica, la riflessione seguente:
«Quell'orologio che si rimette in moto, significa che Guia è riuscito a sfuggire alla morte, come è sfuggito così frequentemente ai suoi padroni e ai suoi compagni, oppure - ciò che è più probabile - significa che, scomparso Guia, il tempo ha ritrovato i propri diritti? Ottimisti e pessimisti sceglieranno la soluzione più adatta al loro punto di vista.»