Bombe nei palazzi in Russia
Bombe nei palazzi in Russia è il nome con cui sono conosciuti una serie di fatti di sangue avvenuti nel 1999.
In seguito all'intervento in Daghestan da parte delle Forze armate russe, i ribelli islamici dei territori occupati risposero all'offensiva russa con una serie di attentati dinamitardi ai danni di alcune abitazioni di Mosca e Volgodonsk. Il ciclo di bombe uccise 293 persone e contribuì a instaurare un forte clima di paura e tensione in tutta la nazione, alla luce del fatto che la rappresaglia dei ribelli si era mostrata non più solo nelle lande cecene e daghestane, ma anche nella profonda Russia metropolitana.
I fatti
La serie di attentati fu rivendicata da un gruppo allora sconosciuto, l'Esercito per la Liberazione del Daghestan, che avrebbe operato in base a collaborazioni con ribelli islamisti. Nelle due settimane di attentati continui che colpirono diverse abitazioni, le autorità lavorarono in una corsa contro il tempo per trovare e disinnescare più esplosivi possibili. Il 4 settembre 1999, l'esplosione di una palazzina che ospitava le famiglie di poliziotti russi fece 62 vittime. I successivi attentati, che si protrassero nelle successive due settimane, fecero complessivamente 293 morti.
Le autorità russe, primo fra tutti l'allora Presidente Boris Yeltsin, accusarono degli attentati i separatisti ceceni. Tuttavia alcuni uomini politici di alto profilo negli Stati Uniti, tra i quali l'affarista russo Boris Berezovsky ed il senatore John McCain, sostennero invece che gli attentati erano stati preparati dai servizi segreti russi con lo scopo di scatenare una campagna contro i separatisti ceceni per giustificare il successivo intervento in Cecenia[1]. Queste affermazioni vennero successivamente confermate dall'ex agente segreto russo Alexander Litvinenko nel libro Russia. Il complotto del KGB. Il 29 settembre 1999 le autorità russe chiesero alla Cecenia l'estradizione dei responsabili materiali degli attentati, e il giorno successivo le forze di terra russe iniziarono l'operazione di ripresa della Cecenia[2][3][4][5].
Accuse di cospirazione
Diversi membri del mondo politico russo furono accusati di aver organizzato o essere complici degli attentati allo scopo di "preparare" opinione pubblica alle politiche decisionali per la campagna di guerra contro la Cecenia, la cui invasione era già stata pianificata a partire dal marzo 1999[6]. Secondo altre versioni, invece, le bombe furono messe in atto per predisporre una sorta di colpo di Stato, in conseguenza del quale al governo sarebbe poi dovuto salire Vladimir Putin (che fece dell'intervento in Cecenia il cavallo di battaglia della propria candidatura), cosa che effettivamente avvenne. In accordo con queste teorie, il golpe ebbe successo e fu organizzato dall'FSB. Il presidente Putin, una volta salito al governo, dichiarò come le accuse d'infiltrazione del FSB negli attentati erano deliranti e prive di senso, dal momento che in Russia non ci sarebbero state persone nei servizi segreti capaci di crimini contro la propria gente.[7][8]
Note
- ^ Peace Reporter - Attentati di Mosca, l'ombra dei servizi
- ^ (RU) Volgodonsk (Rostov region) apartment bombing; criminal investigation of Moscow and Buynaksk apartment bombings, an interview with FSB public relations director Alexander Zdanovich and MVD head of information Oleg Aksyonov by Vladimir Varfolomeyev, Echo of Moscow, September 16, 1999. computer translation
- ^ Ответ Генпрокуратуры на депутатский запрос о взрывах в Москве Archiviato il 10 febbraio 2012 in Internet Archive.(RU) , machine translation.
- ^ Take care Tony, that man has blood on his hands
- ^ Britain's Observer newspaper suggests Russian secret service involvement in Moscow bombings, Julie Hyland, World Socialist Web Site, 15 March 2000
- ^ Sergey Pravosudov, Interview with Sergei Stepashin, su Nezavisimaya Gazeta, 14 gennaio 2000.
- ^ Satter House Testimony Archiviato il 27 settembre 2011 in Internet Archive., 2007.
- ^ Russia charges bombing suspects
Bibliografia
- Alexander Goldfarb e Marina Litvinenko, Morte di un dissidente. La vicenda Litvinenko e il ritorno del KGB nel racconto di due testimoni d'eccezione, Longanesi, 2007, ISBN 978-88-304-2482-1.
- Jurij Felštinskij e Aleksandr Litvinenko, Russia. Il complotto del KGB, traduzione di Alberto Cristofori, Susanna Martoni, Lorenzo Matteoli e Tanja Tion, Bompiani Overlook, Milano, 2007, ISBN 978-88-452-5901-2.
- (EN) David Satter, Darkness at Dawn: The Rise of the Russian Criminal State, Yale University Press, 2003, ISBN 0-300-09892-8.
- (EN) Yuri Felshtinsky e Vladimir Pribylovsky, The Age of Assassins. The Rise and Rise of Vladimir Putin, London, Gibson Square Books, 2008, ISBN 978-1-906142-07-0.
- (RU) Alexander Litvinenko, LPG: Lubianskaia Prestupnaia Gruppirovka: Ofitser FSB Daet Pokazaniia, Grani, 2002, p. 255, ISBN 978-0-9723878-0-4.
- (EN) Matthew Evangelista, The Chechen Wars: Will Russia Go the Way of the Soviet Union?, Brookings Institution Press, 2002, ISBN 978-0-8157-2499-5.
- (EN) Andrew Jack, Inside Putin's Russia: Can There Be Reform Without Democracy?, Oxford University Press, 2005, ISBN 978-0195189094.
- (EN) Richard Sakwa, Checnya: From Past to Future, Anthem Press, 2005, ISBN 978-1-84331-164-5.
- (EN) Richard Sakwa, Putin, Russia's choice, 2nd, Routledge, 2008, ISBN 978-0-415-40765-6.
- (EN) Peter Reddaway, Dmitri Glinski, The Tragedy of Russia's Reforms: Market Bolshevism Against Democracy, United States Institute of Peace Press, 2001, ISBN 1-929223-06-4.
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