Il bifacciale o amigdala[1] è un utensile di pietra (cuneo o ascia da pugno) in genere di forma ovale o triangolare, spesso scheggiato e lavorato allo scopo di renderlo tagliente o appuntito a una estremità, ritrovato spesso tra i reperti di origine umana nei siti abitativi preistorici. Il primo ad utilizzare questo strumento fu presumibilmente l'Homo ergaster.[2]
Tipologie
I bifacciali erano ottenuti dall'uomo lavorando su due facce frammenti di pietra (schegge), ciottoli o nuclei di selce con ritocco bifacciale coprente o invadente, in modo da ottenere strumenti con margini a spigolo vivo ad andamento convesso o rettilineo, convergenti verso un'estremità.
La loro forma risulta varia a seconda delle dimensioni, dello spessore e dell'andamento dei bordi e delle estremità.
Funzione
La loro funzione non era quella di strumento da lancio, ma da presa, in quanto erano utilizzati afferrandoli alla base con la mano.
Di questo strumento da taglio non si conosce con certezza l'uso preciso, ma probabilmente erano utensili tuttofare: ci sono due tipi di amigdala, l'amigdala primitiva, che serviva per dissotterrare radici e piante, e l'amigdala lavorata, impiegata per macellare gli animali, spezzare le ossa e i tendini, tagliare e lavorare le pelli e altri materiali.
Collocazione cronologica
Prima di questi prodotti dell'industria bifacciale, si hanno tipi ancora più elementari, costituiti da ciottoli appena sgrossati scheggiandoli irregolarmente su una sola faccia (denominati chopper) o su due (denominati chopping tools) ed indicati complessivamente come prodotti della pebble culture.
I bifacciali caratterizzano la maggior parte delle industrie litiche del Paleolitico inferiore in Europa (Abbevilliano, Acheuleano), fino al Paleolitico medio (Musteriano).
In Italia compaiono intorno a 500.000 anni fa (Pleistocene medio antico) nei complessi attribuiti all'Homo heidelbergensis e continuano ad essere utilizzati anche dall'Uomo di Neandertal.