Dal 20 gennaio 1939 fu impiegato in Mar Rosso ed Oceano Indiano[2] (dal 19 giugno al 5 luglio 1939 compì una crociera in Oceano Indiano insieme ad un altro sommergibile, l'Otaria, con risultati piuttosto deludenti[3]), ma all'entrata in guerra dell'Italia era l'unico sommergibile della sua classe a non essere in Mar Rosso, infatti ne era rientrato il 4 marzo definitivamente.
Il 18 dicembre giunse all'imboccatura della Gironda e fu attaccato dal sommergibile britannico Tuna: nello scontro il Tuna lanciò dieci siluri, il Brin due ed entrambi aprirono il fuoco col cannone; avvistati poi due pescherecci che scambiò per cacciatorpediniere, il Tuna preferì allontanarsi (nessuno dei due sommergibili riportò danni)[4].
Svolse cinque missioni in Atlantico; il 13 giugno 1941 attaccò un convoglio britannico affondando, in un quarto d'ora, il piroscafo inglese Djurdjura (3460 tsl) ed il greco Eirini Kyriakydes (3781 tsl)[2][5]; forse danneggiò anche due mercantili del convoglio «SL. 76» (per complessive 3400 tsl)[2].
Se ne decise poi il rientro in Mediterraneo: partì il 20 agosto 1941 e arrivò a Messina i 10 settembre, svolgendo varie infruttuose missioni[2].
A inizio agosto fu inviato tra l'Algeria, Ibiza e Maiorca, in un'area compresa tra i meridiani 1°40' E e 2°40' E[6]. Il 10 agosto gli fu ordinato di segnalare qualunque avvistamento e di attaccare solo dopo: era infatti iniziata l'operazione britannica «Pedestal», poi sfociata nella Battaglia di mezzo agosto, e si rendeva necessario che la formazione nemica fosse attaccata da numerosi sommergibili[6]. Il sommergibile non ebbe comunque modo di portarsi all'attacco[6].
La sera del 10 giugno 1943 avvistò un convoglio nei pressi di Bougie e lanciò rispettivamente quattro e tre siluri contro due piroscafi, dei quali il primo fu visto essere colpito da due armi e sbandare sulla sinistra, mentre di quelli lanciati contro il secondo furono avvertite due esplosioni (non ci sono tuttavia conferme di danneggiamenti)[7].
Il 7 settembre 1943, nell'ambito del Piano «Zeta» di contrasto al previsto sbarco anglo-americano nell’Italia meridionale, fu disposto in agguato (unitamente ad altri dieci sommergibili) nel Basso Tirreno, tra il Golfo di Gaeta ed il Golfo di Paola[8]. Nella serata di quel giorno fu solo per uno scherzo della sorte che il sommergibile non venne affondato: verso le otto di sera del 7 settembre, infatti, il sommergibile britannico Shakespeare, in navigazione al largo di Punta Licosa, aveva avvistato due sommergibili italiani – il Velella ed appunto il Brin – che procedevano con rotte parallele alla sua, ai suoi due lati; aveva quindi scelto di attaccare il Velella perché, essendo il tramonto e trovandosi il Velella verso il mare aperto, questo era chiaramente visibile in controluce, mentre il Brin navigava nei pressi della costa e con essa si confondeva per via della sopraggiungente oscurità[9]. Colpito da quattro siluri, il Velella era affondato all'istante con tutto l'equipaggio[9]. Dal Brin fu poi avvertita anche un'esplosione subacquea, chiaro epitaffio dell'altro sommergibile[9].
All'annuncio dell'armistizio si consegnò agli Alleati a Bona e il 16 settembre fu trasferito a Malta (in gruppo con altri cinque sommergibili e sotto la scorta del cacciatorpediniere Isis[10]) e da lì rientrò a Taranto il 13 ottobre 1943, assieme ad altri 14 sommergibili[11] per lavori; fra il maggio 1944 ed il dicembre 1945 fu impiegato per l'addestramento delle unità antisommergibili britanniche a Colombo (Ceylon)[2].
In Mediterraneo aveva effettuato 17 missioni offensive e 16 di trasferimento, navigando per 26.426 miglia[2]; fu l'unico dei cinque sommergibili della sua classe a sopravvivere alla guerra.