La statua di Amenofi III e Sobek (J 155) è un antico colosso egizio in alabastro calcareo raffigurante il dio-coccodrillo Sobek e l'importante faraone Amenofi III (1388/6–1350 a.C.) della XVIII dinastia egizia[1][2][3][4][5].
Si trova al Museo di Luxor[6].
Storia
Fu scoperta casualmente nel 1967 presso il sito del Tempio di Sobek a Dahmasha (presso il quale venivano allevati coccodrilli sacri[1]), nel Basso Egitto: la rinvennero, all'interno di un pozzo protetto da una lastra di pietra arenaria (fatta scorrere nella sua posizione, in antichità, grazie a due rotelle di bronzo[2]), alcuni lavoratori impegnati nello scavo di un canale[2].
L'iconografia delle due figure è classica e tradizionale. Il temibile dio Sobek, assiso, sulla sinistra, su un trono dai lati coperti d'iscrizioni geroglifiche, è nella sua consueta forma antropomorfa, con testa di coccodrillo sormontata dall'ureo regale e da un imponente copricapo costituito da: modio, corna orizzontali d'ariete, disco solare e due alte piume; un pilastro dorsale interamente coperto d'iscrizioni ne rinforza la figura. Il dio distende il braccio sinistro per stringere a sé il faraone, in segno di protezione, mentre gli avvicina la mano destra al viso: impugna il simbolo ankh della vita e intende "vivificare" Amenofi III[2]. Il sovrano, d'aspetto particolarmente giovanile, è in piedi, di dimensioni sensibilmente minori rispetto a Sobek (consueto segno di ossequio) e la sua posa è rigida: le braccia sono distese lungo il gonnellino mentre il piede sinistro è avanzato; indossa anche la barba posticcia, il copricapo nemes e l'ureo regale[2].
Nel secolo successivo, il faraone Ramses II della XIX dinastia "usurpò" la statua (verosimilmente considerata di gran pregio) facendovi apporre i cartigli dei propri nomi[1][2].
Note
Bibliografia
- Regine Schulz, Matthias Seidel (a cura di), Egitto: la terra dei faraoni, Gribaudo/Könemann, 2004, ISBN 978-3-8331-1107-5.
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