Amenemhat V in scisto (ÄS 37)
Il busto di Amenemhat V (ÄS 37), in scisto, è una scultura raffigurante l'antico faraone egizio Amenemhat V (1796 - 1793 a.C.[1][2]), che regnò al principio della XIII dinastia egizia. Una delle migliori creazioni artistiche del periodo, si trova a Vienna, al Kunsthistorisches Museum[3].
Descrizione
Il busto, frammentario, è alto 35 cm e faceva originariamente parte di una statua a grandezza naturale del sovrano assiso in trono, scolpita in scisto. Il faraone indossa il tipico copricapo nemes con un ureo parzialmente distrutto; notevole è il suo sorriso, che si discosta dall'usanza di non far trasparire emozioni dai volti dei soggetti della statuaria. Gli accenni al realismo a dispetto della completa idealizzazione del soggetto seguono una tendenza affermatasi già sotto Amenemhat III[4].
Il reperto non reca alcuna iscrizione: a causa di ciò, per molto tempo non fu possibile identificarlo e datarlo. Si riteneva generalmente che appartenesse al Periodo tardo dell'Egitto[5] o all'Epoca tolemaica[6]. Nel 1985 avvenne la pubblicazione definitiva dei reperti archeologici rinvenuti a Hekaib, sull'isola Elefantina. Si trattava principalmente di stele e statue, fra cui una scultura del faraone Amenemhat V scoperta, nel novembre del 1932, priva della testa[7]. Tre anni dopo la pubblicazione completa degli oggetti ritrovati, l'egittologa Biri Fay pubblicò un articolo in cui dimostrava l'appartenenza del busto di Vienna alla statua ritrovata nel 1932[8].
Storia
Il busto fu probabilmente acquisito nel 1821 e giunse a Vienna poco dopo. La testa è menzionata per la prima volta, in un inventario del museo, nel 1824 (classificato come un busto di donna). Apparteneva ai pezzi dell'Antiken-Cabinet voluto dall'imperatrice Maria Teresa nel 1765[9]. La statua era stata ritrovata fra i resti del tempio di Hekaib, anche se in principio dovette aver adornato il locale tempio di Satet. Al momento della scoperta era in frantumi, e una porzione del retro e delle braccia completamente mancanti[10]. Il trono reca due iscrizioni accanto alle gambe di Amenemhat, sul davanti e sulla cima del seggio, le quali chiamano il re per nome e inoltre lo appellano amato da Satet, signora di Elefantina.
Note
- ^ K.S.B. Ryholt, The Political Situation in Egypt during the Second Intermediate Period, c. 1800-1550 BC, (Carsten Niebuhr Institute Publications,, vol. 20. Copenhagen: Museum Tusculanum Press, 1997), 336-337, file 13/2 e 13/4.
- ^ Darrell D. Baker: The Encyclopedia of the Pharaohs: Volume I - Predynastic to the Twentieth Dynasty 3300–1069 BC, Stacey International, ISBN 978-1-905299-37-9, 2008
- ^ Head of a Statue of Sekhemkare Amenemhat V Seated | Middle Kingdom | The Met, su The Metropolitan Museum of Art, i.e. The Met Museum. URL consultato il 2 luglio 2017.
- ^ Simon Connor: Head of a Statue of Sekhemkare Amenemhat Senebef, in: A. Oppenheim, d. Arnold, D. Arnold, Kei Yamamoto (editori): Ancient Egypt Transformed, The Middle Kingdom, New York 2015 ISBN 978-1-58839-564-1, 88-89, no. 30
- ^ Wilfried Seipel: Gott, Mensch, Pharao, Vienna 1992 ISBN 3900325227, 172-73, no. 49
- ^ Wilfried Seipel: Bilder für die Ewigkeit, Konstanz 1983, ISBN 3797701055, 178-79, no. 103 (assegnato agli anni di Tolomeo II)
- ^ Labib Habachi: Elephantine IV, The Sanctuary of Heqaib, Mainz am Rhein 1984 ISBN 380530496X, 113-114, tavole 198c-200
- ^ B. Fay: Amenemhat V -Vienna/Aswan, in: Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Kairo 44 (1988), 67-77
- ^ B. Fay: Amenemhat V -Vienna/Aswan, in: Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Kairo 44 (1988), 67, n. 4
- ^ B. Fay: Amenemhat V -Vienna/Aswan, in: Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Kairo 44 (1988), 68
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