L'Alta corte di giustizia era un'istituzione straordinaria del Regno d'Italia, prevista dallo Statuto Albertino, per giudicare gravi crimini contro lo Stato.
L'art. 47 dello Statuto diceva: “La Camera dei Deputati ha il diritto di accusare i ministri del Re e di tradurli dinnanzi all’Alta corte di giustizia”.
Altra competenza era quella penale nei confronti dei senatori in carica.
Quando il Senato veniva convocato come corte di giustizia non poteva rivestire alcun ruolo politico, ma esclusivamente giudiziario.
Storia
Nel corso della sua attività l'Alta corte di giustizia si occupò di 378 processi.
Il primo fu il procedimento contro il senatore Carlo Pellion di Persano del 1866 a seguito della sconfitta nella battaglia di Lissa. In quell'occasione nacque l'esigenza di normare le inedite procedure giudiziarie tramite un regolamento, formulato in 18 articoli e votato nella seduta segreta dell'Alta corte di giustizia del 23 ottobre 1866.
Altri processi celebri sono quelli contro il ministro Nunzio Nasi del 1904, quello al generale Emilio De Bono per complicità nel delitto Matteotti[1] e quello riguardante i senatori coinvolti nella gestione della Banca italiana di Sconto del 1924-1926.[2]
Archivi
A seguito della soppressione del Senato da parte della Repubblica sociale italiana, anche gli archivi dei processi tenuti dall'Alta corte di giustizia furono trasferiti nella sede dell'Archivio di Stato di Venezia.[3] Solo alla fine della seconda guerra mondiale furono riportati a Roma.