Alfredo Grifone

Alfredo Grifone (Chieti, 21 aprile 1920[1]Pescara, 11 febbraio 1944) è stato un partigiano italiano, medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Biografia

Giovane antifascista, nel 1941 fu chiamato alle armi e prestò servizio presso il 12º Centro automobilistico. Dopo l'8 settembre 1943 prese parte alla guerra di Liberazione nelle file della Resistenza abruzzese

Componente della Banda Palombaro, si consegnò ai nazisti assumendosi la responsabilità di azioni partigiane, nel tentativo di scambio con alcuni giovani tratti in arresto dai tedeschi. Processato sommariamente presso l'attuale Municipio di Chieti con altri 8 compagni, venne condannato a morte e fucilato a Pescara l'11 febbraio 1944[1].

Alla data dell'11 febbraio 1944 è intitolata, a Pescara, la scuola elementare di via Colle Pineta, che ha preso ufficialmente questo nome dal 1998. Nel cortile della scuola un cippo ricorda, con Alfredo Grifone, il fratello Aldo, Pietro Cappelletti, Nicola Cavorso, Massimo Beniamino Di Matteo, Raffaele Di Natale, Stelio Falasca, Vittorio Mannelli e Aldo Sebastiani, fucilati in una cava di argilla. Per intercessione di un prelato, i tedeschi avevano infatti rinunciato all'impiccagione dei condannati ed avevano trasformato in 30 anni di reclusione, da scontare in Germania, la pena per Guido Grifone, Giovanni Potenza e Floriano Finore. All'eccidio assistettero due rappresentanti della RSI.

Onorificenze

Medaglia d'oro al valor militare alla memoria - nastrino per uniforme ordinaria
«Anelante di veder la Patria libera e risorta a vita democratica, aderiva subito al movimento partigiano adoperandosi attivamente per procurare, alla formazione a cui apparteneva, nuove armi, munizioni e mezzi di trasporto. In ogni circostanza, sfidando pericoli di ogni genere nell'impari lotta, era di esempio ai suoi compagni per ardimento, senso del dovere e dedizione alla causa della libertà. Attivamente ricercato per le gesta compiute e braccato da vicino, riusciva sempre a sfuggire alla cattura; avendo, però, saputo che i tedeschi avevano arrestato numerosi giovani del luogo, fra cui i suoi due fratelli, ritenuti direttamente responsabili delle azioni di guerra da lui compiute, non esitava a presentarsi spontaneamente al comando germanico chiedendo la liberazione dei prigionieri ed assumendosi la piena responsabilità delle azioni compiute. Processato e condannato a morte con altri otto compagni, veniva obbligato ad assistere alla fucilazione di questi ed a trasportarne i cadaveri nelle rispettive fosse. Giunto il suo turno, rifiutava di essere legato e bendato, affrontando stoicamente il plotone di esecuzione al grido di: «Viva l'Italia».»
— Zona di Chieti, 9 settembre 1943 - 11 febbraio 1944[2].

Note

  1. ^ a b Atlante stragi nazifasciste, su straginazifasciste.it. URL consultato il 31 gennaio 2018 (archiviato dall'url originale il 31 gennaio 2018).
  2. ^ Quirinale.it

Bibliografia

Voci correlate