Gli Aldobrandeschi furono una nobile famiglia comitale, che nel corso del Medioevo dominò vasti feudi nella zona della Maremma e del Monte Amiata, localizzata ai confini tra Toscana e Lazio e della Val d'Orcia senese.
Storia
Di origine longobarda, nonostante la tradizione popolare faccia discendere la famiglia dai duchi di Spoleto Ildebrando e Mauringo, dai documenti storici sappiamo solamente che un Ilprando, figlio di Alperto, fino al gennaio 800 fu rettore della chiesa di San Pietro Somaldi a Lucca, ambiente in cui sembrano muoversi i primi esponenti di questa casata. Nell'852 è documentato un Geremia, figlio di Eriprando, come vescovo di Lucca. Eriprando, figlio di Ildebrando I, aveva accumulato grandi ricchezze ed era entrato in rapporti con la corte imperiale venendo nominato vassallo. Il primo membro della casata a fregiarsi del titolo di conte fu invece Ildebrando II, figlio di Eriprando, che portò a compimento il trasferimento verso quei territori che andarono presto a formare il vasto comitato aldobrandesco nella Toscana meridionale.
A partire dal 1274, i loro possedimenti nella Toscana meridionale furono ripartiti nella Contea di Sovana (che inalberavano uno stemma d'oro al leone di rosso) e nella Contea di Santa Fiora (che avevano uno stemma d'oro all'aquila bicipite di nero), che da allora furono governate da due rami distinti della famiglia. La successiva estinzione del ramo di Sovana fece ereditare l'antico stato alla famiglia Orsini, determinando la nascita della Contea di Pitigliano; la successiva estinzione del ramo di Santa Fiora fece ereditare agli Sforza il territorio rimasto della contea.
Lo stemma che viene, comunque, riportato negli armoriali ufficiali, rappresenta una partizione dei due rami principali di Sovana (il mezzo leone rosso) e di Santa Fiora (la mezza aquila, che, in alcune raffigurazioni, diventa rossa).
Tradizionalmente furono ghibellini. Dopo la morte dell'imperatore Federico II di Svevia nel 1250, gli Aldobrandeschi del ramo di Sovana passarono, per opportunità politica, al campo guelfo. Questo non impedì, però, a entrambi i rami, che tutti i loro possedimenti venissero progressivamente erosi dalla Repubblica di Siena, alla quale si sottomisero definitivamente con un atto del 1331.
Nel 1331 Arcidosso venne cinto d'assedio per sei mesi dall'esercito senese guidato da Guidoriccio da Fogliano; alcuni della famiglia Aldobrandeschi in quei giorni si trovavano nel castello di Arcidosso difeso da due ben distinte cerchie murarie e torri. Solo dopo aver scavato una galleria i senesi conquistarono il borgo.
Il 29 ottobre del 1216 i domini furono divisi fra i tre fratelli: al primo Sovana, al secondo Santa Fiora e al terzo Pitigliano. Ildebrando IX morì senza eredi nel 1237 e le sue terre passarono agli altri due rami. La città di Sovana fu destinata al ramo di Pitigliano.
Di seguito è ricostruita la genealogia degli Aldobrandeschi dal primo membro noto, Alperto (menzionato nell'800 come padre di Ilprando), fino al 1216, anno della prima divisione della contea da parte dei tre figli maggiori di Ildebrandino VIII.[1]
Andrea Castagnetti, I vassalli imperiali a Lucca in età carolingia, in Sergio Pagano e Pierantonio Piatti (a cura di), Il patrimonio documentario della Chiesa di Lucca. Prospettive di ricerca, Firenze, Sismel - Edizioni del Galluzzo, 2010, pp. 229-237.
Gaspero Ciacci, Gli Aldobrandeschi nella storia e nella Divina Commedia, vol. I, Roma, Biblioteca d'arte editrice, 1935.
Gabriella Rossetti, Società e istituzioni nei secoli IX e X. Pisa, Volterra, Populonia, in Atti del 5º Congresso Internazionale di Studi sull'alto medioevo, Spoleto, 1973.
Gabriella Rossetti, Gli Aldobrandeschi, in I ceti dirigenti in Toscana nell'età precomunale, Pisa, Pacini, 1981.