Agung

Agung
Gunung Agung in eruzione nel novembre 2017
StatoIndonesia (bandiera) Indonesia
ProvinciaBali
Altezza3 031 m s.l.m.
Prominenza3 031 m
Isolamento105 km
Diametro cratere800[1] m
Ultima eruzione13 giugno 2019
Ultimo VEI3 (vulcaniana)
Codice VNUM264020
Coordinate8°20′26.52″S 115°30′12.24″E
Altri nomi e significatiGunung Agung
Mappa di localizzazione
Mappa di localizzazione: Indonesia
Agung
Agung

Il monte Agung, o Gunung Agung, è uno stratovulcano attivo dell'isola di Bali, in Indonesia, della quale costituisce il punto più elevato.

Descrizione

La montagna ha una forma conica molto regolare e simmetrica, una caratteristica comune degli stratovulcani. Le pendici basse del vulcano ospitano aree densamente popolate e coltivate, grazie alla naturale fertilità dei suoli vulcanici, con un milione di persone che vivono nel raggio di 30 chilometri dal vulcano[1].

Lungo i suoi versanti, alla quota di circa 1 000 metri sorge uno dei templi principali dell'isola di Bali, il tempio madre di Besakih, ed il Gunung Agung è considerato una replica del mitico monte Meru, l'asse centrale dell'universo nella cosmologia induista e buddhista.

Attività vulcanica

Nel tardo olocene, periodi di maggiore attività esplosiva si sono alternati a periodi di bassa attività, in modo simile a quanto avviene in altri vulcani posti in zone di subduzione[2].

Solo poche eruzioni sono state registrate in tempi storici, a partire dall'inizio del XIX secolo. Sono segnalate 4 fasi eruttive:

  • 1808, emissione di grossi quantitativi di pomice e cenere vulcanica, VEI 2;
  • 1821, nessuna informazione di dettaglio disponibile, VEI 2;
  • 1843, eruzione preceduta da attività sismica, con emissione di colonne di cenere, sabbia vulcanica e pomice, VEI 5;
  • 1963, due fasi parossistiche principali in marzo e maggio, VEI 5[1][3].

La lava emessa ha composizione andesitica o andesitico-basaltica.

Eruzione del 1963

Riduzione della radiazione solare a causa degli aerosol vulcanici. Tra gli eventi individuati l'eruzione dell'Agung nel 1963

Particolarmente violenta è stata quella del 1963, una delle più significative del XX secolo in Indonesia, sia a causa della sua esplosività che dell'impatto climatico a breve termine, derivante dell'elevata quantità di anidride solforosa emessa[2].

Questa eruzione produsse una voluminosa ricaduta di ceneri, insieme a flussi piroclastici devastanti e lahar che causarono danni estesi e molte vittime. Si stima che vennero emessi 280 milioni di metri cubi di materiali vulcanici. Le vittime furono 1 148 e i feriti 296. La mortalità fu causata da flussi piroclastici (820 persone), bombe vulcaniche e ricadute di cenere (163 persone), lahar (165 persone). L'eruzione proseguì per 11 mesi[1][3] [4].

In quell'occasione, la colata lavica mancò di pochi metri il tempio di Besakih, evento che fu ritenuto miracoloso dai Balinesi.

Eruzione del 2017

Dettaglio delle due colonne eruttive, distinguibili dalla differente colorazione

Nel 2017 è cominciata una nuova fase eruttiva, si è avuta una limitata eruzione freatica il 21 novembre con la nube di ceneri che si è elevata per 700 metri[5].

Dal rapporto del PVMBG [6] il 25 novembre, dopo un significativo aumento del numero di terremoti, si è osservata una colonna eruttiva alta 1,5 chilometri, con ricadute di ceneri nelle aree di Pempatan e Temukus. Complessivamente 21 voli sono stati cancellati.

Il giorno successivo la colonna eruttiva era alta 4 chilometri, con esplosioni udibili nel raggio di 12 km. Il codice di allerta per l'aviazione è stato elevato da arancione a rosso. I satelliti hanno rilevato emissioni di anidride solforosa da 1 000 a 2 000 tonnellate/giorno. Si è avuta una ricaduta di ceneri in molte aree, fino a raggiungere alcuni villaggi nel'area di Gianyar, 20 km OSO dal vulcano. L'aeroporto internazionale di Lombok è stato chiuso nelle due giornate del 26 e 27 novembre.

Il 27 novembre e le zone di esclusione sono state estese a un raggio di 8 km e a 10 km in direzione NNE, SE, S e SO. Basandosi sui dati satellitari, il VAAC (Volcanic Ash Advisory Center) di Darwin ha segnalato che le emissioni raggiungevano i 9 000 metri (30 000 piedi) di quota. Le immagini e i video disponibili mostrano due colonne di ceneri, una bianca e una grigia, ad indicare due bocche eruttive.

Il 28 novembre il numero di sfollati è salito a 38 678, distribuiti in 225 centri di evacuazione, ulteriormente incrementati a 70 079 il 10 dicembre[7]. L'aeroporto internazionale di Ngurah Rai è stato riaperto il 29 novembre, dopo che il codice di allerta per l'aviazione è stato abbassato ad arancione [8]. L'eruzione prosegue nelle settimane successive, con emissioni di colonne di cenere ed esplosioni segnalate il giorno 8, 11, e 12 dicembre. Lahar sono stati osservati a partire dal 21 novembre, e sono continuati nel mese di dicembre. L'allerta vulcanica rimane a livello 4, il massimo previsto, e le zone di esclusione rimangono immutate[7].

Rischio vulcanico

Sulla base dei dati disponibili è stata elaborata una carta del rischio vulcanico, che in caso di eruzione, delinea le aree che potrebbero essere colpite da lahar e colate piroclasiche. Inoltre con cerchi concentrici, sono state individuate le aree a rischio di ricaduta di proietti vulcanici. Sono state individuate 3 zone di rischio:

  • rischio elevato, area rossa e raggio di 6 chilometri;
  • rischio moderato, area rosa e raggio di 9 chilometri;
  • rischio basso, area gialla e raggio di 12 chilometri[3][9].

Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

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