Nel febbraio del 1990, infatti, il Partito Comunista dell'Unione Sovietica perse il ruolo di partito unico, permettendo le prime libere elezioni nelle 15 repubbliche. Nella maggior parte di queste furono indetti referendum che con larghe maggioranze riflettevano la volontà popolare di riformare l'Unione. Lo stesso colpo di Stato sovietico del 1991 fallì in quanto venne a mancare l'appoggio delle masse, che invece manifestarono a favore del Parlamento russo.
Il colpo di Stato si concluse dopo soli tre giorni in quanto non riuscì a sortire gli effetti sperati dagli organizzatori: questi, tra cui Gennadij Janaev, Valentin Pavlov e Dmitrij Jazov, vennero arrestati e a Gorbačëv venne ri-offerto il governo del Paese di nuovo nella carica di presidente dell'Unione Sovietica.
L'incontro
Per far fronte alla caotica situazione, i capi di tre delle 15 repubbliche ex-sovietiche si incontrarono in una dacia governativa nei pressi di Viskuli, in Bielorussia. Queste erano la Russia (all'epoca dei fatti sotto il nome di Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa), la Bielorussia (dichiaratasi indipendente il 27 luglio 1990) e l'Ucraina (indipendente dal 24 agosto 1991). Queste rappresentavano tre dei quattro fondatori dell'URSS nel 1922: la quarta, la RSSF Transcaucasica, era stata dissolta nel 1936[3].
Stando alle cronache dell'epoca, l'incontro, durato meno di 24 ore, ebbe luogo accompagnato da una lunga cena a base di piatti tradizionali russi e vodka, conclusosi poi in una banja[4].
Ratifica
Secondo l'art. 72 della Costituzione sovietica del 1977, ciascuna delle repubbliche sovietiche aveva il diritto di lasciare liberamente l'Unione.
Per parte russa l'accordo fu ratificato dal Soviet Supremo il 12 dicembre 1991, abrogando conseguentemente il trattato di creazione dell'Unione Sovietica del 1922 e sancendo così la secessione dall'URSS[5]. Il 10 dicembre era stato ratificato da Bielorussia[6] e Ucraina[7].
Con i protocolli di Alma-Ata, stipulati il 21 dicembre 1991 nell'omonima città in Kazakistan, i rappresentanti di tutte le repubbliche sovietiche (ad eccezione della Georgia e delle repubbliche baltiche) confermarono lo smembramento e quindi l'estinzione dell'Unione a favore del CSI. I protocolli chiarirono inoltre le disambiguazioni e le questioni pratiche generate dall'estinzione dell'Unione. I protocolli furono ratificati:
L'adesione alla CSI fu poi formalizzata anche dall'Azerbaigian e dalla Georgia su proposta del Consiglio dei Capi di Stato rispettivamente del 24 settembre[10] e 3 dicembre 1993[11], sulla base del par. 3 dell'art. 7 dello statuto della CSI.
Qualche anno dopo Gorbačëv fu critico nei confronti dell'accordo, scrivendo in uno dei suoi libri:
(EN)
«...The fate of the multinational State cannot be determined by the will of the leaders of three republics. The question should be decided only by constitutional means with the participation of all sovereign states and taking into account the will of all their citizens. The statement that Unionwide legal norms would cease to be in effect is also illegal and dangerous; it can only worsen the chaos and anarchy in society. The hastiness with which the document appeared is also of serious concern. It was not discussed by the populations nor by the Supreme Soviets of the republics in whose name it was signed. Even worse, it appeared at the moment when the draft treaty for a Union of Sovereign States, drafted by the USSR State Council, was being discussed by the parliaments of the republics.»
(IT)
«...Il destino di uno Stato multinazionale non può essere determinato dalla volontà dei leader di tre repubbliche. La questione dovrebbe essere risolta solo per vie costituzionali con la partecipazione di tutti gli stati sovrani e considerando la volontà di tutti i loro cittadini. La frase secondo la quale le leggi cesserebbero di avere validità è illegale e pericolosa; può soltanto peggiorare lo stato di caos e anarchia. La fretta con cui il documento è apparso è anch'essa un'ulteriore preoccupazione. Questo non è stato discusso dalla popolazione né tantomeno dal Soviet Supremo delle Repubbliche nel cui nome è stato stipulato. Ancora peggio, il documento è stato presentato mentre la bozza di un trattato per l'Unione di Stati Sovrani, preparato dal Consiglio di Stato dell'URSS, era in discussione presso i Parlamenti delle Repubbliche.»
Tuttavia, per quattro giorni ancora il Governo Federale Sovietico continuò ad esercitare le proprie funzioni, almeno formalmente. Il governo però, non più supportato dal Cremlino né dalle altre strutture di potere, cadde con le dimissioni di Michail Gorbačëv da presidente dell'Unione Sovietica, presentate e accettate il 25 dicembre 1991. I suoi poteri passarono a Boris El'cin, che divenne il primo presidente della Federazione Russa, sancendo di fatto il termine della breve esistenza del Governo Federale Sovietico e la dissoluzione dell'Unione Sovietica.
Il giorno successivo, il 26 dicembre 1991, il Soviet Supremo dell'Unione Sovietica (il più alto corpo governativo dell'URSS) venne sciolto come riconoscimento della dissoluzione dell'Unione.
Rapporti con l'ONU
Tra le varie questioni, i protocolli di Alma-Ata supportavano la rivendicazione della Federazione Russa di essere riconosciuta come stato successore dell'Unione Sovietica ai fini dei rapporti con l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Nel giorno del suo insediamento al Cremlino, il 25 dicembre 1991, il presidente russo Boris El'cin informò il Segretario generale delle Nazioni Unite della dissoluzione dell'Unione Sovietica e dell'istituzione della Federazione Russa come successore come membro dell'ONU e membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La lettera informava che:
(EN)
«...the membership of the Union of Soviet Socialist Republics in the United Nations, including the Security Council and all other organs and organizations of the United Nations system, is being continued by the Russian Federation (RSFSR) with the support of the countries of the Commonwealth of Independent States. In this connection, I request that the name "the Russian Federation" should be used in the United Nations in place of the name "the Union of Soviet Socialist Republics".
The Russian Federation maintains full responsibility for all the rights and obligations of the USSR under the Charter of the United Nations, including the financial obligations.
I request you to consider this letter as confirmation of the credentials to represent the Russian Federation in the United Nations organs for all the persons currently holding the credentials of representatives of the USSR to the United Nations.»
(IT)
«...lo stato della Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche come membro presso le Nazioni Unite, inclusi il Consiglio di Sicurezza e tutti gli altri organi del sistema delle Nazioni Unite, è protratto dalla Federazione Russa (RSFSR) con il supporto dei Paesi della Comunità degli Stati Indipendenti. In relazione a ciò, richiedo che il nome "Federazione Russa" venga utilizzato presso le Nazioni Unite invece del nome "Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche".
La Federazione Russa mantiene la piena responsabilità per tutti i diritti e gli obblighi dell'URSS stabiliti nello Statuto delle Nazioni Unite, inclusi gli obblighi finanziari.
Richiedo di considerare questa lettera come conferma delle credenziali di rappresentanza della Federazione Russa presso gli organi delle Nazioni Unite per tutte le persone al momento in possesso di credenziali di rappresentanza dell'URSS presso le Nazioni Unite.»
Non avendo ricevuto alcuna obiezione da parte dei membri, la proposta fu avallata e il 31 gennaio 1992 lo stesso El'cin poté prendere parte al Consiglio di Sicurezza come rappresentante della Russia.
Ulteriori sviluppi
Il 12 agosto 2008, il presidente georgianoMikheil Saak'ashvili annunciò l'intenzione della Repubblica di Georgia di recedere dalla CSI come risposta all'intervento militare russo nell'ambito della seconda guerra in Ossezia del Sud. Il 12 giugno 2009 il parlamento georgiano completò formalmente la procedura di uscita, che venne approvata all'unanimità dal gruppo interparlamentare della CSI[14].