La Abdul Kadir fu una nave da battaglia[2] del tipo pre-dreadnought[3] della marina militare ottomana, impostata nel 1892 e mai completata.
Storia
Dopo la grande espansione della marina ottomana avvenuta tra il 1861 e il 1876,[4] voluta dal sultano Abdul Aziz,[4] che portò la Osmanlı Donanması a divenire la terza potenza navale del mondo[4] dietro a Gran Bretagna a Francia[4] il suo successore, Abdul Hamid II, decise di tagliare i fondi destinati all'acquisto di nuovi mezzi, ma necessari anche alla manutenzione delle navi in servizio. Durante la guerra tra Russia e Impero ottomano del 1877-1878[5] la flotta ottomana non diede una buona prova, anche se guidata da un valente ufficiale inglese, il bahrie limassi Hobart Pasha.[5] Tra l'inizio degli anni ottanta e novanta del XIX secolo,[5] il nuovo sultano decise di pensionare[5] numerosi ammiragli[N 1] compreso Hobart Pasha, cancellando nel contempo numerosi contratti per la realizzazione di navi all'estero. All'inizio degli anni '90, per contrastare l'invecchiamento della flotta, fu deciso[5] di avviare un limitato piano di rafforzamento che verteva sulla realizzazione della corazzata Abdul Kadir,[5] dei due incrociatori protetti classe Hüdâvendigâr,[5] e due più piccoli classe Feyza-i Bahri.[5]
La nave da battaglia Abdul Kadir sarebbe stata la prima corazzata pre-dreadnought ad entrare in servizio della Marina militare ottomana.[2][3] Il suo nome fu scelto personalmente dal sultano Abdul Hamid I.[1] Insieme con l'anziana corazzata Mesudiye, sarebbe stata una delle più grandi navi in servizio della Marina ottomana.[6] La corazzata fu impostata presso il cantiere navale Tersâne-i Âmire di Costantinopoli nell'ottobre 1892.[3] Quando la nave fu vicina al varo, all'incirca nel 1895,[1] i lavori di costruzione furono rallentati, e poi sospesi. Durante i successivi quattro anni sullo scafo fu posizionata solo la cintura corazzata. Quando nel 1904 i lavori di costruzione ripresero a pieno regime, ci si accorse che i blocchi di chiglia[N 2] erano affondati nel terreno, modificando la struttura della nave tanto da renderla completamente irrecuperabile.[2] Anche se i lavori, nel tentativo si salvare la nave, continuarono a fasi alterne dal 1906[1] al 1911, ciò che era stato costruito fu definitivamente demolito sullo scalo di alaggio nel 1914,[5] poco prima dello scoppio della prima guerra mondiale.[2][3]
Dopo l'abbandono della costruzione della Abdul Kadir, nel 1910[7] il governo turco si rivolse alla Germania ottenendo la vendita di due corazzate pre-dreadnought classe Brandendurg, la Turgut Reis[7] e la Hayreddin Barbarossa consegnate il 31 agosto dello stesso anno.[7] Inoltre il nuovo governo, facente capo alla corrente dei Giovani Turchi[8] nell'estate del 1911 si rivolse in Gran Bretagna, ordinando ai cantieri Vickers e Armstrong-Whitworth la costruzione di tre moderne corazzate monocalibro classe Reshadieh da 30 000 tonnellate di dislocamento ed armate con 10 cannoni da 343 mm.[8] Nessuna delle due unità costruite in Gran Bretagna, ne la terza impostata in un cantiere nazionale, sarà mai consegnata alla marina turca,[8] a causa dello scoppio della prima guerra mondiale. Una quarta unità da battaglia, originariamente costruita in Gran Bretagna per il Brasile, venne acquistata ancora sullo scalo e ribattezzata Sultan Osman I. La mancata consegna della Reshadieh e della Sultan Osman I, già pagate e praticamente pronte, che furono incorporate senza troppi complimenti nella Royal Navy con il nome di Erin e Agincourt, spinse il governo turco ad allearsi con l'Impero tedesco, ottenendo la consegna di un moderno incrociatore da battaglia, il Goeben, che fu ribattezzato Yavuz Sultan Selim I.[N 3]
Tecnica
Il progetto della Abdul Kadir prevedeva una nave dal dislocamento di 8 230 t, lunga 103,6 m, larga 19,8 ed avente un pescaggio di 7,2 m.[2][3] L'apparato motore si basava su due macchine a vapore a triplice espansione, ognuna su tre cilindri, alimentate da 6 caldaie a carbone. La potenza erogata era di circa 12 000 CV (8 900 kW).[2] I due motori a vapore azionavano due eliche, installate su altrettanti assi, che facevano raggiungere alla nave una velocità stimata di 18 nodi (33 km/h; 21 mph).[2] Il suo armamento principale si basava su quattro cannoni da 280 millimetri, installati a coppie in due barbette gemelle, disposte secondo l'asse longitudinale dello scafo, una a prua e l'altra a poppa. Questo armamento veniva integrato da quello secondario, installato in una batteria a centro nave, basato su sei cannoni singoli da 150 mm, tre per lato. Inoltre la nave era dotata, in funzione antisilurante, di otto pezzi da 88 mm e otto da 37 mm, ognuno su singolo affusto.[2][3] In più vi erano sei tubi lanciasiluri sopracquei da 356 mm.[2] La protezione passiva prevedeva per le barbette una corazzatura dello spessore di 152 mm, mentre la cintura corazzata, estesa da prua a poppa, raggiungeva uno spessore massimo di 229 mm. Tale cintura sarebbe stata posizionata due metri sopra la linea di galleggiamento, ma rimangono sconosciuti gli spessori al di sopra o al di sotto di essa. La protezione del ponte raggiungeva uno spessore di 64 mm, mentre la paratie posizionate all'interno della nave arrivavano a 102 mm.[2]
Note
Annotazioni
- ^ Profondamente conservatore il Sultano riteneva gli ammiragli troppo progressisti.
- ^ Tali blocchi erano progettati per mantenere lo scafo della nave stabile ed a un livello uniforme, con lo scopo di evitare flessioni e cedimenti strutturali.
- ^ Con esso arrivò anche la consegna dell'incrociatore protetto Midilli.
Fonti
- ^ a b c d Langensiepen, Güleryüz 1995, p. 140.
- ^ a b c d e f g h i j Gardiner 1979, p. 309.
- ^ a b c d e f Naval History, Flixco Pty Limited
- ^ a b c d Da Frè 2011, p. 82.
- ^ a b c d e f g h i Da Frè 2011, p. 83.
- ^ Scott Keltie, The Statesman's Yearbook, vol. 39, London, The Macmillian Company, 1902. URL consultato il 24 maggio 2010.
- ^ a b c Da Frè 2011, p. 84.
- ^ a b c Da Frè 2011, p. 85.
Bibliografia
- (EN) Roger Gardiner, Conway's All the World's Fighting Ships 1860-1905, New York, Mayflower Books, 1979, ISBN 0-8317-0302-4.
- (EN) Erich Erich Gröner, German Warships: 1815–1945, Annapolis, Naval Institute Press, 1990, ISBN 0-87021-790-9.
- (EN) Bernd Langensiepen e Ahmet Güleryüz, The Ottoman Steam Navy, 1828–1923, Oxford, Conway Maritime Press, 1995, ISBN 0-85177-610-8.
- Periodici
- Giuliano Da Frè, La guerra italo-turca. Le operazioni navali e anfibie (1911-1912), in Rivista Italiana Difesa, Chiavari, Giornalistica Riviera Soc. Coop., giugno 2011.
Collegamenti esterni