Nato col nome di ʿAzīz al-Dīn, secondo figlio di Jahāndār Shāh, fu elevato al trono dopo che ʿImād al-Mulk ebbe deposto Aḥmad Shāh Bahādur nel 1754. Ascendendo al trono, egli assunse il titolo di ʿĀlamgīr e provò a imitare lo stile di vita austero e di governo di Aurangzeb (detto anche ʿĀlamgīr I). Al tempo del suo accesso al trono aveva quasi 55 anni e non aveva alcuna esperienza di governo, avendo trascorso la maggior parte della sua vita in carcere. Fu un sovrano debole, con ogni potere nelle mani del suo visir Ghāzī al-Dīn ʿImād al-Mulk.
Nel 1756 Aḥmad Shāh Abdālī invase l'India ancora una volta e prese Delhi, saccheggiando Mathura (Uttar Pradesh). I Maratha divennero maggiormente potenti grazie alla loro collaborazione con Ghazi al-Din Khan Firuz Jung III (ʿImād al-Mulk) e dominarono l'India settentrionale, raggiungendo l'acme della loro espansione: cosa che causò grandi problemi per l'Impero mughal, già reso debole da un sovrano abbastanza inetto. Le relazioni tra ʿĀlamgīr II e il suo visir usurpatore ʿImād al-Mulk si deteriorarono e l'Imperatore fu ucciso dal visir.
Il figlio di ʿĀlamgīr II, ʿAlī Jawhar sfuggì alla persecuzione abbandonando Delhi, mentre Shāh Jahān III veniva posto sul trono mughal.
Primi anni
ʿĀlamgīr II aveva 7 anni quando il bisnonno Aurangzeb morì in Deccan. Dopo la morte del nonno, Bahādur Shāh I, e la guerra di successione che ne seguì, suo padre Jahāndār Shāh venne sconfitto dal successivo Imperatore mughal, Farrukh Siyar.
ʿAziz al-Dīn fu imprigionato nel 1714 e rilasciato 40 anni dopo, nel 1754, dal visir usurpatore ʿImād al-Mulk, che riteneva ʿAziz al-Dīn una personalità fragile che non si sarebbe opporta al suo regime. Quindi, il 2 giugno 1754, ad ʿAziz al-Dīn fu assegnato dal visir stesso il titolo di ʿĀlamgīr II, che intendeva seguire le rigide orme moralistiche di Aurangzeb.
Successione al trono
ʿImād al-Mulk era con ogni evidenza un uomo senza principi e scrupoli ed era diffusamente criticato per il suo esasperato egoismo. Assunse mercenari maratha perché facessero tutto ciò che gli faceva comodo[1] e s'impadronì dell'intero ammontare degli introiti statali, affamando la stessa famiglia di ʿĀlamgīr II.
Perseguitò anche ʿAlī Jawhar, il primogenito di Muḥyī al-Sunna.
Le pessime relazioni tra l'Imperatore e il suo visir arrivarono al punto che ʿImād al-Mulk fece assassinare ʿĀlamgīr II nel novembre del 1759.
Regno
Dopo l'avvento di ʿĀlamgīr II, l'Impero Mughal aveva perseguito un processo di nuova centralizzazione del suo potere, in particolare quando molti Nawwāb avevano cercato il favore dell'Imperatore Mughal e di coordinare il proprio contrasto e la propria resistenza ai Maratha: sviluppo questo chiaramente sgradito a ʿImād al-Mulk) che cercava di rafforzare il suo potere autoritario grazie al suo sostegno imperterrito dei Maratha.
Alleanza con l'Impero Durrani
Nel 1755, il popolare viceré mughal del Punjab, Muʿīn al-Mulk morì e la sua vedova Mughlam Begūm invocò disperatamente l'aiuto di Aḥmad Shāh Abdālī per arrestare la lotta di successione e soffocare i rivoltosi Sikh delle regioni orientali.
Aḥmad Shāh e le sue forze marciarono allora su Lahore nel 1756 e nominò suo figlio Tīmūr Shāh Durrānī nuovo viceré a Lahore, sotto la protezione delle armi del comandante Jahān Khān e Adina Beg come Faujdar del Doāb. Aḥmad Shāh Durrānī saccheggiò poi le regioni sikh e hindu delle instabili e irrequiete regioni orientali del Punjab.
Marciò poi su Delhi nell'ottobre del 1757 e l'Imperatore mughal ʿĀlamgīr II gli andò incontro coi suoi cortigiani come Shāh Walīullāh, nobili come Najīb al-Dawla, e la famiglia imperiale stessa. Subito dopo le forze di Aḥmad Shāh Durrānī impegnarono in combattimento quelle maratha, minacciando di travolgere e metter fine al regime di ʿImād al-Mulk.
Le relazioni di Aḥmad Shāh Durrānī col sovrano mughal si fecero ancor più strette quando Tīmūr Shāh Durrānī fu destinato dal padre a diventare pretendente alla mano della figlia di ʿĀlamgir II, Zuhra Begūm. Aḥmad Shāh Durrānī stesso sposò Hażrat Begūm, figlia del precedente imperatore mughal Muḥammad Shāh.[2]
Aḥmad Shāh Durrānī tornò a Kabul, lasciando le sue forze al figlio Tīmūr Shāh Durrānī per consolidarne il potere, disponendo la fusione a Lahore del cannone Zamzama, grazie alle competenze dei tecnici mughal.